Violenza sulle donne, le vere tutele? Processi rapidi e aiuti economici

Alessandra Kustermann, una vita in prima linea contro la violenza

Violenza domestica

Violenza domestica

Milano, 31 dicembre 2016 - Femminicidi e violenze sulle donne non sono in aumento. Ma se ne parla di più rispetto al passato e questo fa acquistare maggiore consapevolezza alle vittime, che denunciano di più rispetto al passato. Questa l’opinione della responsabile del centro antiviolenza soccorso violenza sessuale e domestica (SVSeP) della Mangiagalli, Alessandra Kustermann. Una struttura che si avvale della collaborazione tra Policlinico, Università di Milano, Ats e Comune. Dai dati del centro emerge che quest’anno, spiega Kustermann, «si sono rivolte a noi 1.035 persone, l’anno scorso avevamo chiuso a 804, con un incremento complessivo del 28,7%». Ad aumentare di più «è violenza domestica, +43,8%, mentre quella sessuale sale del 12,4%». Crescono «in modo enorme gli arrivi attraverso il pronto soccorso del Policlinico (+134,8%), segno che la formazione al personale della struttura è stata capillare». Ma aumentano anche gli accessi tramite «le forze dell’ordine (+54%) e consultori, servizi sociali (da 19 casi a 73, +284%)».

Dottoressa Kustermann, quali sono le cose da fare nel 2017 per riuscire a contrastare il fenomeno?

«Ripetere la formazione, ad esempio alle forze dell’ordine, agli operatori sanitari e agli avvocati. Poi aumentare gli interventi nelle scuole, dove è possibile prevenire il fenomeno attraverso l’educazione, facendo capire che la violenza non è un modo per risolvere i conflitti all’interno di una relazione. Insegnare gentilezza e tolleranza».

La Lombardia nel 2016 è stata la prima regione per numero di femminicidi...

«Solo perché siamo la regione più popolosa, ma non ci sono ragioni particolari. In numeri assoluti non credo sia un fenomeno in aumento. Ora se ne parla di più e questo serve a dare consapevolezza alle donne vittime. Senza arrivare all’omicidio, è un reato essere picchiate o umiliate».

A volte si dice che si resta insieme per il bene dei figli...

«Niente di più sbagliato. I figli che vedono il padre picchiare la madre è probabile che in futuro faranno uso di droghe, avranno disturbi alimentari, alcuni tenteranno anche il suicidio».

In molti lanciano l’allarme anche per i dati sui maltrattamenti che avvengono in famiglia e i casi di stalking...

«Se ne parla semplicemente di più. E lo stalking è spesso parte integrante del maltrattamento, è la parte finale. Un uomo violento non accetta la fine della relazione e perseguita la ex».

Cosa si può fare per combattere questi reati?

«Serve maggiore attenzione, soprattutto all’educazione dei più piccoli, poi una maggiore rapidità dei processi e la certezza per le donne di poter risolvere il problema e di essere aiutate economicamente. Inoltre deve essere messo in atto il trattamento degli uomini maltrattanti per far sì che non ripetano lo stesso reato con un’altra donna».

Ci sono dei profili ‘tipo’ di chi commette questi reati e di chi li subisce?

«No. Certamente una donna che ha assistito alla violenza del padre verso la madre ha maggiore possibilità di considerarlo un comportamento normale. E, a parti invertite, vale anche per i maschi. Però è un fenomeno trasversale, da noi arrivano rappresentanti di tutte le classi sociali».

C’è una fascia di età particolarmente a rischio?

«Nella nostra esperienza no. Abbiamo tutte le fasce d’età rappresentate: 234 richieste tra i 25 e i 34 anni; 226 tra i 35 e i 44; 136 tra i 45 e i 54; 58 oltre i 55 anni ma perché è più difficile che chi ha subito violenze per anni decida di denunciare dopo una certa età».

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