Vaprio, sparò e uccise il ladro in casa. Il pm: solo legittima difesa

Cadute le accuse di omicidio per il pensionato Francesco Sicignano di MARINELLA ROSSI

Carabinieri e Ris di Parma in azione nella villetta di Vaprio

Carabinieri e Ris di Parma in azione nella villetta di Vaprio

Milano, 1 giugno 2016 - Da omicida a uomo che si è solo difeso. Legittima difesa. Cadono tutte le accuse, anche l’ipotesi residua di omicidio colposo con eccesso di legittima difesa, a carico di Francesco Sicignano. E’ il pensionato di 69 anni che il 20 ottobre sparò contro, uccidendolo, un ragazzo albanese di 22 anni, Gjergi Gjoni, penetrato nella sua villetta di via Cagnola, a Vaprio D’Adda. Il sostituto procuratore della Repubblica Antonio Pastore, dopo sette mesi di indagini partite su alcuni riscontri devianti, su un interrogatorio di Sicignano che era parso contraddittorio, e su un’ipotesi dovuta di omicidio volontario, ha avanzato la richiesta di archiviazione - vistata dal responsabile del dipartimento Alberto Nobili - al giudice delle indagini preliminari.

Sicignano, che nel frattempo ha condotto una battaglia politica (presentandosi a novembre alle Comunali di Vaprio con Forza Italia) sulla legittimità del suo comportamento, avrebbe detto la verità dal primo momento, ma la sua verità si scontrava con alcune sconcertanti evidenze. Il giovane ladro, penetrato nella proprietà di tre piani, era stato infatti trovato morto fuori della casa, sulle scale, e non all’interno della cucina dove l’uomo diceva di avergli sparato con la sua calibro 38 special (regolarmente detenuta), vedendo una figura che brandiva qualcosa in mano (era una torcia elettrica).

Alla finestra della cucina non risultavano segni di effrazione e là non era stata trovata l’ogiva del proiettile, né alcuna traccia di sangue, e risultava poco credibile che un uomo, colpito al cuore, potesse scavalcare la finestra, percorrere una balaustra e crollare sulle scale 15 metri più in là. Così le parole dello sparatore, che si era detto ossessionato da visite di ladri, sembrarono contraddittorie, lacunose, e lui passò per un Rambo attempato che poteva aver sparato a un’ombra in movimento fuori della sua abitazione. Le indagini successive hanno illuminato diversamente la scena del delitto: l’assenza vistosa di effrazione alla finestra era compatibile con un serramento non chiuso ermeticamente, che un ladro esperto avrebbe facilmente aperto. E in quella cucina è stato poi ritrovato il frammento di ogiva (probabilmente calciata nei primi rilievi) - segno che il colpo era stato esploso all’interno: su quella c’erano tracce ematiche, col dna della vittima. Dirimente ai fini dell’archiviazione, la perizia medico-legale dei consulenti del pm Arnaldo Migliorini e Sonia Scarpati: “plausibile” il fatto che il ragazzo, colpito all’aorta, abbia scavalcato la finestra alta 50 centimetri per fuggire, abbia resistito alcuni attimi e percorso diversi metri prima di crollare al suolo e senza lasciare in cucina una goccia di sangue. Gjergi non sarebbe morto sul colpo: a far da barriera all’emorragia (perderà tre litri di sangue, poi), sarebbe stato il sacco pericardico, la membrana che avvolge il cuore, rallentando così la perdita ematica. E consentendogli una resistenza in vita di più attimi e l’illusione di una fuga disperata.

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