Uccise compagno con una katana, condannata a 12 anni. Giudici: "Non voleva la sua morte"

Nelle motivazioni delle sentenza si legge che la donna "agì in modo concitato ma puramente istintivo"

Valentina Aguzzi in tribunale (Ansa)

Valentina Aguzzi in tribunale (Ansa)

Milano, 1 dicembre  2017 -  E' stata condannata a 12 anni di carcere per omicidio preterintenzionale Valentina Aguzzi, la 44enne che nel marzo del 2016 uccise il compagno, Mario Sorboli, colpendolo a una gamba con una katana, la spada giapponese dei samurai. Il colpo recise l'arteria femorale e l'uomo morì dissanguato nel giro di pochi minuti. Oggi, sono arrivate le motivazioni della sentenza dei giudici della Corte d'Assise di Milano, che hanno riqualificato il reato da omicidio volontario a preterintenzionale.

Si legge che Valentina Agazzi era "incline a reagire alle frustrazioni in modo sproporzionato" anche per le "condizioni critiche in cui aveva vissuto gli ultimi giorni" e la situazione in casa "insostenibile" ma di certo non voleva la morte del compagno. E ancora: "era astrattamente prevedibile in funzione dell'arma utilizzata" e rappresenta una "conseguenza non voluta" anche perchè la donna "ha ferito" il suo convivente "solo una volta" vicino al ginocchio, ossia "in una zona del corpo che nella percezione della gente comune non appare immediatamente come potenzialmente letale". Per la Corte inoltre, la riprova che non volesse uccidere il compagno è stata la chiamata tempestiva dei soccorsi dopo essersi resa conto che l'uomo perdeva molto sangue. E poi, "accortasi della gravità del suo gesto da un lato si è prodigata a fasciare la gamba" del compagno "con degli asciugamani onde tentare di fermare l'emorragia, e l'ha implorato di resistere fino all'arrivo" dell'ambulanza.

Secondo i giudici Valentina Aguzzi, con un "disturbo della personalità", ha "ferito la vittima in un eccesso di rabbia" e agì "in modo concitato anche se non puramente istintivo". Infatti, l'aver afferrato la katana e non un altro degli oggetti che aveva sottomano in casa, significa che l'imputata, a parere della Corte, aveva intenzione di scuotere il compagno "dalla sua apatia" e cercare di mettere un freno alla "sua scortesia". Intento, questo, "comprovato dal fatto che immediatamente prima di colpirlo" la donna "avesse 'minacciatò di buttarsi dalla finestra". Come è emerso dalle indagini del pm Sara Arduini, dopo l'ennesimo litigio, la 44enne ha prima afferrato la spada giapponese che si trovava sopra un mobile nel loro appartamento minacciando di uccidersi e poi l'ha scagliata contro il fidanzato, disteso sul letto. La lama si è però conficcata nella gamba dell'uomo fino a 18 centimetri di profondità, provocandogli una emorragia che in meno di 15 minuti gli è stata fatale. 

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