Erika, la 007 anti jihadisti: "Ecco i loro segreti"

La tesi della studentessa della Statale sui profili Twitter dell’Isis

Erika Lisa Panuccio

Erika Lisa Panuccio

Milano, 24 settembre 2017 - Per mesi ha sguito 156 account, analizzando la propaganda jihadista su Twitter e studiando strategie di contronarrazione: Erika Lisa Panuccio, ex studentessa della Statale di Milano, è stata premiata dall’Intelligence per la sua tesi sui combattenti della rete. Ventiquattro anni, dopo avere studiato Lingue e Letterature Straniere si è laureata in Comunicazione Pubblica e d’Impresa, nella facoltà di Scienze Politiche. Oggi lavora a Budapest per l’Eit. È sua una delle sei «Tesi per la sicurezza nazionale», selezionate fra 51 lavori e premiate quest’anno a Roma, nella Scuola di formazione del Comparto Intelligence, dai vertici del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna e dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna. 

Cosa l’ha spinta a interessarsi a questo tema e quando ha deciso di scavare nella comunicazione di Daesh?  "Stavo scegliendo il tema della tesi nel novembre 2015, quando ci furono gli attentati di Parigi. Prima di sentire i servizi in televisione sono andata su Twitter per documentarmi <WC>direttamente <WC1>dalle persone che si trovavano sul posto. Mi sono accorta della facilità di incontrare mezzi di propaganda e di entrare in contatto con i sostenitori di Daesh". 

È riuscita a ricostruire una rete?  "Ho seguito il percorso che un individuo interessato può trovare per avvicinarsi a quel mondo attraverso la rete, inserendo le parole chiave in inglese, arabo, francese. Ho vagliato i contatti comuni, gli individui che venivano retwittati, e ho creato una rete di 156 account, tutti collegati fra loro, che permettevano potenzialmente di entrare in contatto con individui di maggior rilievo". 

Quali sono state le maggiori difficoltà che ha incontrato? "Molti degli account venivano sospesi oppure chiusi, ma poi li ritrovavo sotto altri nomi. Ci sono individui molto espliciti, altri tengono un profilo basso per mantenere la rete coesa. Per mantenere l’anonimato a volte utilizzano immagini improbabili, anche di bambini, o utilizzano nomi di istituti inventati". 

Un lavoro di investigazione: fino a che punto si è spinta? "Non al punto di fingere di essere interessata al messaggio, alla causa. Sarebbe stato troppo per me. Ho cercato di osservare da un punto di vista esterno e di raccogliere informazioni, con un approccio etnografico, sulla rete».  Non si è fermata alla comunicazione del terrore, ma ha analizzato anche le contromosse. Ho cercato le iniziative concrete che potevano essere supportate dall’Unione Europa, le buone pratiche di narrativa positiva da contrapporre ai messaggi del combattenti".

Che opinione si è fatta? "Chiudere profili è un palliativo per tamponare la situazione, perché è molto facile creare un nuovo account e alcuni si vantano di essere stati sospesi molteplici volte:lo leggono come la prova che stanno lavorando bene. La contronarrazione è più complessa da costruire e gestire ma ha una portata maggiore e a lungo termine". 

Cos’ha scoperto?  "Che le iniziative più felici e concrete sono nate da studenti. È necessario coinvolgere loro, che sono più vicini a questi strumenti tecnologici e in grado di trasmette in modo più veritiero i messaggi". 

Le piacerebbe diventare uno 007? "Non si può dire, ovviamente. L’interesse per la geopolitica e la ricerca c’è. Chissà...". 

 

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