Milano, 28 luglio 2016 - "Poichè la strategia terroristica islamica risulta oramai per lo più improntata all'agire individuale, senza che sia necessaria una particolare organizzazione di mezzi e di uomini, e dal momento che il fine unico perseguito è quello di creare il terrore mietendo vittime con diverse singole azioni organizzate e realizzate in brevi lassi temporali, sarebbe fuorviante e scorretto ragionare con le categorie pensate per le 'comuni' associazioni per delinquere". E' quanto scrive la Prima Corte d'Assise di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 25 maggio sono stati condannati a 6 anni di carcere Lassaad Briki, tunisino, Muhammd Waqas, pakistano, presunti terroristi legati all'Isis, autori degli ormai famosi selfie di propaganda e minacce davanti al Duomo di Milano e al Colosseo di Roma, venuti a galla sul web, i quali, intercettati, avevano anche parlato di attentati da compiere in Italia e, in particolare, alla base Nato di Ghedi ( Brescia).
Il giudice estensore del provvedimento, Ilaria Simi, in base a una sentenza della Cassazione ha sottolineato che "l'organizzazione terroristica transnazionale va pensata, più che come una struttura statica, come una 'rete', in grado di mettere in relazione persone assimilate da un comune progetto politico-criminale, che funge da catalizzatore". Quindi, "per partecipare a una siffatta associazione è sufficiente che il partecipe si metta a disposizione della rete per attuare il disegno terroristico, o che, più semplicemente segnali ad essa i propri progetti criminosi affinchè questa li possa rivendicare".
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