"Se mi denunci, torno e finisco l’opera": stupratore catturato in Inghilterra

I parenti hanno intimidito la vittima. Blitz carabinieri-Scotland Yard

Il ventisettenne anglo-ecuadoregno Edwin Gustavo Delgado Norona

Il ventisettenne anglo-ecuadoregno Edwin Gustavo Delgado Norona

Milano, 22 febbraio 2018 - «Se mi denunci, torno e finisco l’opera». Edwin Gustavo Delgado salutò così la sua vittima prima di ripartire per l’Inghilterra. Pensava di essersi lasciato tutto alle spalle. Gli stupri ripetuti. La terribile violenza. Le intimidazioni ai parenti della ragazza. E invece, tre settimane fa, gli investigatori di Scotland Yard, su indicazione dei carabinieri di via Moscova, l’hanno scovato a casa di conoscenti in una cittadina poco fuori Londra e arrestato. Si è chiusa così una storia iniziata nel 2013. È periodo di Natale, Dalila (nome di fantasia), 21enne all’epoca e residente in un Comune dell’hinterland milanese, torna per le vacanze nel Paese d’origine, l’Ecuador. Lì conosce Gustavo alias «Chavo», connazionale di 23 anni che risiede nel Regno Unito.

Tra i due nasce una relazione a distanza, fatta di conversazioni su chat e social. Fin quando, nei primi mesi del 2014, Dalila decide di andare a vivere da sola in un appartamento in affitto e invita Delgado per un weekend. All’uomo bastano poche ore per mostrare il suo lato peggiore: quello del bruto che maltratta e picchia le donne, come peraltro farà pure con la madre del suo bambino nato poco più di un anno fa oltre Manica. Il 26 aprile, si compie l’orrore: «Chavo» tenta un approccio sessuale, ma viene respinto; a quel punto, si trasforma in una furia, abusa per quattro volte di Dalila e la costringe a farsi filmare nuda sotto la doccia. Poi la minaccia: «Non parlare, altrimenti ti sgozzo».

E invece la 31enne parla: prima si confida con un’amica, poi trova il coraggio di raccontare tutto ai carabinieri della stazione locale. Scatta l’indagine, che si chiude col rinvio a giudizio di Delgado. Lui non si presenterà mai in aula per difendersi dalle accuse, ma sa benissimo di essere sotto processo. E lo sanno bene pure i parenti in patria, che cercano di fare pressioni sulla famiglia di Dalila: «Cos’è questa storia dell’Italia? Continuano ad arrivare carte...». E a breve arrivano pure le sentenze: quella di primo grado condanna l’imputato a 7 anni e 6 mesi; l’Appello non fa che confermare il verdetto. La pratica passa all’ufficio Esecuzione penale della Procura, coordinato dal magistrato Chiara De Iorio, che dà mandato ai carabinieri della Catturandi del capitano Marco Prosperi di individuare il ricercato. Obiettivo centrato il primo febbraio, al termine di un’operazione congiunta con la National Crime Agency e la Metropolitan Police londinese: il giudice ha convalidato il provvedimento, ora non resta che attendere l’estradizione. Delgado si è opposto, ma ci sono ottime possibilità che le sue istanze vengano respinte.

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