Esplosione via Brioschi: i tanti "non ricordo" di Pellicanò

Sarà nominato domani il perito della procura che avrà il compito di valutare se Giuseppe Pellicanò, l’autore della strage di via Brioschi, fosse capace di intendere o volere

La palazzina sventrata

La palazzina sventrata

Milano, 6 settembre 2016 - Sarà nominato domani il perito della procura che avrà il compito di valutare se Giuseppe Pellicanò, l’autore della strage di via Brioschi, fosse capace di intendere o volere. La perizia l’ha disposta il gip Giusy Barbara, accogliendo la richiesta del pm Elio Ramondini. La procura, la difesa e i familiari delle vittime potranno nominare un proprio consulente di parte. L’accertamento psichiatrico sarà condotto con la formula dell’incidente probatorio, chiesta e ottenuta dal pm per poter così "cristallizzare" i risultati della perizia e presentarli con valore di prova nell’eventuale dibattimento. Pellicanò si trova in carcere dall’1 luglio con l’accusa di strage familiare. È stato lui stesso ad ammettere di aver manomesso il tubo di metano che in poche ore ha saturato di gas il suo appartamento fino all’esplosione della mattina successiva.

Tre le vittime: la sua compagna, Micaela Masella, e la coppia di fidanzati 27enni, Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi, che abitavano nell’appartamento a fianco al suo. Un gesto volontario, secondo gli inquirenti milanesi, provocato dalla rabbia per la separazione dalla compagna. Il pubblicitario di 51 anni non sopportava l’idea che Micaela volesse lasciarlo per andare a vivere insieme al suo nuovo fidanzato. "Voleva uccidere la moglie e le figlie", scrive il gip Barbara nell’ordinanza che lo ha portato in carcere. L’uomo, depresso per la crisi di coppia che lo aveva travolto, assumeva dosi massicce di psicofarmaci. La notte precedente all’esplosione, ha fatto mettere a verbale davanti al gip, "avevo preso farmaci e una dose maggiorata di Lendormin. Avevo anche preso lo Xanax, avevo una euforia ebete". Pellicanò, hanno ricordato gli investigatori, non ha mai reso una vera e propria confessione piena. "Sì, forse sono stato io a svitare quel tubo", ma ha puntato soprattutto a ribadire i tanti "non ricordo". Soprattutto in questi mesi trascorsi in carcere non avrebbe ritrattato, ma sarebbe parso molto confuso.

"Non ho ricordi precisi di quella notte, ho in testa solo alcuni flash, alcune immagini in sequenza. Quella sera non riuscivo a dormire bene, avevo preso i farmaci, quelli antidepressivi che mi avevano dato una strana euforia che non mi passava. Allora mi sono alzato, dormivo sul divano e sono andato in cucina...". Si punta alla infermità mentale, per la difesa una strada obbligata. E infatti al giudice per le indagini preliminari era arrivata subito la richiesta dei suoi legali di poter far entrare in cella uno psichiatra a visitarlo. Quella del vizio totale o parziale di mente, del resto, è l’unica carta che gli resta nelle mani per evitare il carcere a vita.

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