Profugo choc: "Gli scafisti mi hanno levato un rene"

Il sudanese: "Operato in uno scantinato prima di partire, con la scusa di fare esami del sangue". Medico scopre il dramma

Uno dei tanti barconi di migranti in partenza dalla Libia (ANSA / GIUSEPPE LAMI)

Uno dei tanti barconi di migranti in partenza dalla Libia (ANSA / GIUSEPPE LAMI)

Milano, 23 agosto 2016 - «Quando ho ascoltato il racconto di quell’uomo, non potevo credere alle mie orecchie. Avevo già sentito parlare di traffico d’organi dei migranti, ma trovarsi faccia a faccia con una situazione del genere è diverso». Paolo Calgaro, medico nel pronto soccorso dell’Ospedale San Carlo di Milano visitando un profugo sudanese di 42 anni proveniente da un vicino centro di accoglienza, ha scoperto che al profugo era stato asportato il rene sinistro. Una scena non nuova per chi lavora a stretto contatto con i migranti: a Palermo, dopo la confessione di un trafficante, la magistratura sta approfondendo casi simili, per risalire alle fonti di un racket che potrebbe valere milioni di euro e un numero altissimo di vite umane. Calgaro è sicuro di ciò che dice, perché il racconto del sudanese combacia con lo stato di fatto delle cose. «Visitando l’uomo per una sospetta polmonite – svela il medico – ho notato una grossa cicatrice, alla mia domanda su come se la fosse procurata mi ha risposto che, mentre era in Libia, gli avevano tolto un rene. Il paziente ha aggiunto di essere stato portato dai trafficanti in uno scantinato adibito ad ambulatorio con la scusa di fare esami del sangue. Due giorni dopo si è svegliato senza un rene».

Un episodio sconvolgente, se si aggiunge che dopo l’operazione «all’uomo è stato detto chiaramente cosa gli era stato fatto e che il suo rene sarebbe servito al fratello del capo», una frase sibillina che lascia trasparire la rete di sfruttamento alla quale i migranti sono sottoposti nei viaggi della speranza tra Africa e Italia. «Mi sono informato su cosa fare al posto di polizia dell’ospedale – riferisce il medico – e ho chiamato la radiologa, che con una Tac ci ha dato la certezza della mancanza del rene sinistro. Ho subito preso contatto con il centro di accoglienza da cui proveniva il paziente. Oltre a spedire il referto all’autorità giudiziaria, ho segnalato il fatto allo sportello migranti del Naga di Milano e all’associazione ‘Medici contro la tortura’».

C’è anche il sospetto che il sudanese sia stato costretto a sottoporsi all’operazione per proseguire il viaggio, e avendo paura abbia raccontato una mezza verità al medico. Un rene in cambio del passaggio per l’Italia e una nuova vita, dopo che il migrante ha esaurito le sue riserve di contanti. Spetterà comunque ai magistrati accertare come siano andate le cose. Intanto, il profugo è stato riportato nel centro di accoglienza, protetto da una cortina di stretto riserbo. Il medico non ha riscontrato patologie gravi, anche se il sudanese ha corso un rischio molto grosso. Segno che il chirurgo improvvisato, che gli ha messo le mani addosso in Libia, non operava per la prima volta. Sapeva cosa fare, pur non avendo studiato Medicina. «Non era una cucitura della ferita precisa, a livello di quelle degli ospedali occidentali», precisa Calgaro. «È vero che si può vivere senza un rene, ma lo si può fare solamente se si vive in condizioni sociosanitarie adeguate. Praticare operazioni del genere a persone che affrontano viaggi così pericolosi, rimanendo a lungo senza cibo e acqua, significa esporle a un rischio di morte ancor superiore a quello che corrono partendo alla volta dell’Italia con i mezzi che purtroppo ben conosciamo». Un rischio che i trafficanti senza scrupoli di esseri umani sono certo disposti a correre.

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