Uccisa dal marito con 29 coltellate, la figlia: "Con la sentenza è morta due volte"

L’uomo è stato condannato a 18 anni di carcere e il gup ha escluso l’aggravante della crudeltà perché i fendenti raggiunsero solo punti vitali

RICORDI Valentina Belvisi figlia di Rosanna

RICORDI Valentina Belvisi figlia di Rosanna

Milano, 16 gennaio 2018 - «Con questa sentenza mia madre è morta due volte, non credo più nella giustizia». Valentina Belvisi, che a luglio compirà 26 anni, a un anno esatto dall’omicidio della madre, Rosanna, custodisce nella memoria l’ultima conversazione. Una breve telefonata, la mattina del 15 gennaio. Poco dopo Rosanna fu massacrata con 29 coltellate dal marito, Luigi Messina. L’uomo è stato condannato a 18 anni di carcere e le motivazioni della sentenza – il gup ha escluso l’aggravante della crudeltà perché i fendenti raggiunsero solo punti vitali e quindi non ci fu «l’intento di arrecare sofferenze aggiuntive» – riaprono la ferita.

Cosa le disse sua madre quella mattina? «Mi trovavo in Svizzera, alle terme. A febbraio avrei dovuto sposarmi e lei mi ha telefonato perché doveva andare in centro, in piazza Duomo, a prendere un vestito. Nel corso della giornata le ho mandato dei messaggi, le fotografie dei piatti che ci hanno servito al ristorante, ma non rispondeva. L’ho chiamata ma era sempre spento. Quando siamo rientrati in Italia, dopo ore di silenzio, cominciavo a preoccuparmi».

Come ha saputo quello che era successo? «Verso sera ero a casa del mio fidanzato e ho acceso la tv. Al telegiornale parlavano di una donna uccisa a Milano, in zona Lorenteggio. Ho cercato la notizia su internet, e ho avuto la conferma. Subito dopo mi ha chiamato la Squadra mobile, mi è caduto il mondo addosso».

Una tragedia annunciata? «Mio padre è sempre stato violento, spesso le ho prese anch’io ma sono sempre riuscita a difendere mia madre. Sono sicura che se quella mattina fossi stata in casa lui non sarebbe arrivato a tanto. Ci sono stati tanti episodi ma il vero campanello d’allarme risale al 5 novembre, quando lui si è presentato in casa con l’amante e il figlio di tre anni. Pretendeva che vivessimo tutti insieme e mia madre giustamente ha detto di no. È scoppiata una lite terribile, è anche intervenuta la polizia».

Secondo lei, perché sua madre non ha mai sporto denuncia? «Aveva paura. Mio padre le aveva fatto il lavaggio del cervello, non poteva uscire e non poteva fare niente. Doveva mantenerlo perché lui non lavorava, beveva. Tante volte le ho detto di lasciarlo e andare via insieme, di cambiare città. Ma lei era legata alla casa, alle sue abitudini. Era una persona buona, che non meritava di fare quella fine».

Durante il processo ha incontrato suo padre. «Mi ha fatto senso vederlo così impotente, perché ero abituata a una persona violenta e aggressiva. Lui mi ha scritto due volte dal carcere. Io non ho più intenzione di vederlo e ho anche cambiato cognome. Per me è morto un anno fa, il 15 gennaio».

Il giudice ha escluso l’aggravante della crudeltà. «Noi ci aspettavamo almeno una condanna a 30 anni di carcere, invece gliene hanno dati 18. Altro che crudeltà, mia madre è stata massacrata. Non sono un’esperta di giustizia ma penso che una sentenza del genere sia uno scandalo. Ho preferito non presentare ricorso in appello, la mia unica paura è che la pena venga ridotta ulteriormente».

Com’è la sua vita un anno dopo l’omicidio? «Mi sono trasferita in Veneto per lavoro ma vorrei tornare a Milano. Le ferite non si rimarginano e penso a mia madre continuamente, cerco di ricordarla su Facebook. Domani (oggi, ndr) celebreremo una messa nella chiesa vicino alla sede dell’Inps in via Ripamonti, dove lavorava. Abbiamo fatto celebrare una funzione anche a Pantelleria, l’isola dove è cresciuta. A mia nonna materna, che ha 88 anni, abbiamo detto che mia madre e mio padre sono morti in un incidente stradale. Sono certa che la verità la ucciderebbe». 

 

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