Omicidi Quarto Oggiaro, il killer dei Tatone voleva suo figlio e puntò la pistola contro la compagna

Ergastolo a Bonfante, incastrato dalla donna che lo aveva minacciato di MARIO CONSANI

Antonino Benfante, presunto killer omicidi fratelli Tatone

Antonino Benfante, presunto killer omicidi fratelli Tatone

Milano, 2 novembre 2015 - Il killer dei fratelli Pasquale ed Emanuele Tatone, Antonino Benfante, aveva immaginato un metodo tutto suo per poter convincere la compagna (temporaneamente rifugiatasi dai genitori) a cedergli l’affido del figlio. Un giorno era andato da lei e nel cortile di casa dei suoceri aveva puntato al petto della donna una scacciacani esplodendo poi un colpo a terra. L’episodio è descritto nelle motivazioni (depositate nei giorni scorsi) della sentenza che prima dell’estate ha condannato all’ergastolo l’assassino di Quarto Oggiaro. La sua donna nel frattempo era comunque tornata con lui, ma dopo il triplice omicidio messo a segno da Benfante nell’ottobre di due anni, non impiegò molto per confessare alla polizia di aver raccolto la confessione del compagno sul massacro dei fratelli Tatone e del loro amico.

A parte quelle dichiarazioni e l’ «accertata spontaneità della sua decisione di rivelare quanto a sua conoscenza», del resto - come osserva la Corte d’assise (presidente Guido Piffer, a latere Ilaria Simi de Burgis) - contro Benfante c’era «anche una serie nutrita di elementi che la stessa (convivente, ndr.) ha permesso di rinvenire e poi collegare tra loro». Per esempio «immagini di telecamere, risultati di intercettazioni telefoniche, dichiarazioni di terzi». Benfante, 52 anni metà dei quali passati in carcere, il giorno in cui uccise Emanuele Tatone (e il suo amico Paolo Simone, trovato insieme a lui per caso) era uscito di galera da appena quattro giorni. Tre giorni più tardi freddato anche il fratello di Emanuele, Pasquale. Il primo giorno di libertà l’aveva utilizzato per riprendere i contatti con i due Tatone, che ricordava come boss incontrastati dello spaccio a Quarto Oggiaro. Quasi trent’anni dopo cercava la loro complicità. Si era infiltrato in famiglia, voleva rimettersi sulla piazza di nuovo in affari, stavolta con loro diceva - non contro di loro. 

Ma il 27 ottobre, una domenica pomeriggio, secondo l’accusa Benfante sparò a Emanuele e all’amico che lo aveva solo accompagnato in macchina. Poi, tre giorni dopo, il killer si mise in cerca di  Pasquale Tatone. Lo trovò in una pizzeria che guardava la partita, lo aspettò fuori e lo uccise. Due testimoni lo incastrarono subito, avendolo visto passare in scooter più volte, con un fucile e con il cellulare che avrebbe fatto da «navigatore» per la polizia. Gli investigatori della Squadra mobile, diretti da Alessandro Giuliano, chiusero il cerchio molto in fretta. Il pm Laura Pedio e il procuratore aggiunto Alberto Nobili avrebbero poi chiesto e ottenuto per Benfante la condanna al carcere a vita.

di MARIO CONSANI

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro