Numero chiuso in Statale. No della Fedeli, Sala apre

Si accende il dibattito sulla riforma votata dalla Statale

La protesta degli studenti (Fotogramma)

La protesta degli studenti (Fotogramma)

Milano, 25 maggio 2017 – Numero chiuso sì o no? Dopo la decisione del Senato accademico dell’Università Statale di introdurre i test d’ingresso anche per l’iscrizione alle facoltà di Filosofia e Storia, si accende il dibattito tra i favorevoli e i contrari alla riforma voluta dal rettore dell’Ateneo di via Festa del Perdono Gianluca Vago. Scende in campo anche il ministro, anzi la «ministra» dell’Istruzione Valeria Fedeli, che si iscrive al fronte dei critici: «Dal mio punto di vista quando si parla di numeri chiusi, soprattutto per alcune facoltà, si dovrebbe ragionare con la capacità di allargare e non di chiudere. Visti i dati che abbiamo noi, dovremmo puntare su un numero maggiore di laureati». Subito dopo, però, la ministra ricorda che «esiste l’autonomia degli Atenei, è una questione che devono affrontare loro».

Il sindaco Giuseppe Sala apre alla riforma votata dalla Statale: «Ne ho parlato con Vago. È difficile dire cosa è giusto e cosa no: da un lato è vero che c’è il diritto allo studio. Capisco però anche il problema delle università, perché lo studio deve servire anche a creare opportunità di lavoro. Vago ha agito facendo riferimento a esperienze internazionali». Quali gli esempi? «Ci sono facoltà prestigiose, come ad esempio Oxford dove ci sono 100 laureati all’anno in filosofia, invece qui ci sono 700-800 richieste. “Non rischiamo di accogliere tutti per poi creare disoccupati?’’, è la domanda che si è fatto il rettore». Per Sala la domanda è ben posta, anche se è cauto sulla risposta. Ma nel centrosinistra non tutti la pensano come il sindaco.

Il presidente della commissione Educazione del Comune Paolo Limonta (Sinistra per Milano) si dice subito «contrarissimo al numero chiuso, perché non c’è chiarezza sul motivo che ha spinto a limitare le iscrizioni. La chiusura penalizza gli studenti che vorrebbero iniziare un percorso universitario ma non arrivano dai licei più prestigiosi di Milano». La pensa diversamente la presidente della commissione Cultura di Palazzo Marino Paola Bocci (Pd): «I tempi sono cambiati rispetto a 30 anni fa. Oggi c’è una forte emorragia di iscritti in quelle facoltà: tanti studenti si perdono per strada. Giusto sperimentare il numero chiuso». Anche nel Pd le posizioni non sono univoche. Il consigliere dem Carlo Monguzzi è sul fronte opposto della Bocci: «Forse ricordo male, ma noi lottavamo per la scuola aperta e accessibile per tutti coloro che vogliono studiare. Credo che il numero chiuso sia l’opposto di tutto ciò».

Il centrodestra, infine, è favorevole al numero chiuso. Il capogruppo di FI Gianluca Comazzi giudica «equilibrata la scelta di Vago, bisogna alzare la qualità dei corsi». Sulla stessa linea ill capogruppo della Lega Alessandro Morelli: «Giustissimo il numero chiuso, può contribuire a evitare di formare futuri disoccupati. I lavativi dei collettivi se ne dovranno fare una ragione: per ciondolare possono starsene nei loro centri sociali liberando così spazi per i ragazzi che intendono studiare». 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro