Il giallo della telefonata in Brasile. "Solo così passò il numero chiuso"

Gli studenti della Statale al Tar: non bloccare le iscrizioni alle facoltà umanistiche

La protesta degli studenti sul numero chiuso nelle facoltà umanistiche (NewPress)

La protesta degli studenti sul numero chiuso nelle facoltà umanistiche (NewPress)

Milano, 26 luglio 2017 - Vizio di forma e vizio di sostanza: «Il test non s’ha da fare». Il sindacato studentesco Udu - Unione degli Universitari - si appella al Tribunale amministrativo regionale contro la delibera del Senato Accademico che il 27 maggio ha introdotto alla Statale di Milano il tetto alle iscrizioni per Lettere, Storia, Filosofia, Geografia e Beni culturali. Il ricorso è stato depositato e vede fra i firmatari, con l’Udu milanese e nazionale, anche un senatore accademico e, simbolicamente, cinque studenti, uno per ogni corso di laurea. Ad affiancare l’Unione degli Universitari nella battaglia sarà l’avvocato Michele Bonetti. «Depositiamo il ricorso prima del test perché vogliamo impugnare il meccanismo che porta al numero chiuso, per evitare sperequazioni», spiega l’avvocato. È stato chiesto al Tar di deliberare con urgenza nonostante il periodo estivo. L’obiettivo? Risolvere la vicenda prima del 4 settembre, data del primo test di ammissione.

Due i motivi  del ricorso: «La delibera è in conflitto con la legge nazionale del 1999 che prevede il numero chiuso in caso di corsi con tirocini successivi o laboratori ad alta specializzazione – spiega il legale –. C’è stata una regolamentazione indiretta con due decreti successivi, uno a firma Giannini e uno a firma Fedeli, che dettano dei requisiti di congruità fra docenti, studenti, aule, per l’accreditamento e il successivo finanziamento ma sono stati introdotti senza discussione parlamentare e non si parla direttamente di numero chiuso, possono esserci altre soluzioni. La Statale non può arrogarsi il potere di determinare in autonomia e senza controlli questa chiusura, non è stata neppure un’istruttoria sul mercato del lavoro. È una miscela normativa che, secondo noi, può essere esplosiva».

C’è poi un vizio formale, cioè la telefonata con cui dal Brasile è stato fatto votare uno dei senatori. Voto risultato decisivo: 18 favorevoli, 17 contrari (fra cui 6 astenuti). Il senato accademico era spaccato in due. «Senza quella chiamata si sarebbe raggiunta la parità, il numero programmato non sarebbe passato – ricorda il legale – e il voto in audioconferenza non è previsto da regolamento in questi casi». Carlo Dovico, coordinatore metropolitano di Udu, rincara la dose: «È vero che c’è stato un aumento delle iscrizioni e qualora ci fosse stato un ulteriore rialzo i docenti sarebbero dovuti passare da 73 a 104. Ma la mancanza di fondi per le università non deve gravare sempre sugli studenti che già oggi contribuiscono, con le tasse, ben oltre il limite del 20% previsto dalla legge. Stiamo valutando un’azione legale anche su questo». «Il caso di Milano è particolare a livello nazionale perché per la prima volta riguarda corsi di laurea umanistici – analizza Andrea Core – come Udu dal 1999 portiamo avanti la battaglia contro il numero chiuso. Continueremo a opporci, a maggior ragione quando è fatto solo per sbarrare l’accesso e vengono meno i parametri previsti dalla legge».

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