Università Statale: picchetti, rabbia, delusione. Ma scatta il numero chiuso

Lettera di 250 docenti contrari, poi passa la “linea Vago”

Studenti in protesta alla Statale

Studenti in protesta alla Statale

Milano, 24 maggio 2017 - «Calpestateci adesso. Calpestate tutto». Un gruppo di studenti è sdraiato per terra, sul pianerottolo che porta al Rettorato. Qualcuno picchetta le scale. Comincia così un altro caldo pomeriggio all’Università Statale di Milano. Ad accendere gli animi è sempre lo stesso tema: l’introduzione del numero chiuso per la facoltà di Studi umanistici. Arrivano i componenti del Senato, gli animi si surriscaldano. È il turno di un professore – dichiaratamente contrario al numero chiuso, dalla loro parte – non lo fanno entrare lo stesso e i toni impennano. C’è chi è «costretto» a prendere l’ascensore, chi a fare lo slalom. «Università libera», intonano gli studenti in mobilitazione. «La qualità dell’università non si ottiene tagliando gli studenti». «Benissimo la protesta, ma chi picchetta le scale non rappresenta la stragrande maggioranza degli studenti», tuona un docente. Il summit ha inizio, le porte sono chiuse «a doppia mandata». Vigilanti nell’anticamera, Digos in borghese nel cortile, se la situazione dovesse scappare di mano. In presidio un centinaio di studenti. Con loro alcuni professori, amministrativi, ricercatori e alcuni ragazzi dei centri sociali. Il megafono passa da uno studente all’altro, da un docente a un dottorando. Marta Idini, dottoranda in Scienze del patrimonio letterario, artistico e ambientale, legge un brano tratto dal discorso parlamentare di Concetto Marchesi. «A scuola le porte non siano mai chiuse».

«ll numero chiuso è la morte dell’università pubblica – sottolinea – non capiamo dove si voglia andare con queste riforme. A Torino hanno fatto una scelta controcorrente, abbiamo ottenuto molto appoggio in questi giorni anche dall’università di Bologna, da Edimburgo. Noi vogliamo studenti a cui insegnare, più sono meglio è». Si inseguono testimonianze, mentre fioccano messaggini e aggiornamenti dal Senato in diretta. Prende in mano il megafono Piero Graglia, professore di Scienze Politiche della Statale, e rappresentante della Rete 29 aprile: «Questi sono i frutti malati della riforma Gelmini e della numerologia. Ma attenzione, c’è chi adesso è contrario al numero chiuso e sta cavalcando la vostra protesta per un riposizionamento. Il sit-in è corretto, non violento. Questa mobilitazione deve uscire dall’Ateneo». Sui tavoli del Senato, insieme alla petizione di 250 professori che chiedono tempo, arriva una nuova mozione, per ribadire il «sotto-finanziamento cronico», per ricordare che «siamo ultimi nell’Unione Europea per il rapporto fra laureati e popolazione», per chiedere con forza alla signora Ministra dell’Università».

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