Donna morta dopo liposuzione, il calvario di Ana e il blitz in clinica

I carabinieri nella sede di via Podgora. "Un’infezione devastante"

Il medico chirurgo Mattia Colli

Il medico chirurgo Mattia Colli

Milano, 13 aprile 2018 - Come chirurgo estetico valuteranno gli esperti, ma come comunicatore il dottor Mattia Colli, 31enne titolare della Clinica di chirurgia plastica ed estetica di via Podgora 7, a due passi dal tribunale, dev’essere senza dubbio preparato. Il suo sito web per la «clinica nel cuore di Milano» in effetti colpisce per accuratezza nella scelta delle foto e degli slogan: da «la bellezza nasce da un percorso interiore» a «la bellezza non è che una promessa di felicità», una citazione di Stendhal.

Da ieri è indagato per omicidio colposo per la morte di Ana Maria Cracium, 34 anni, romena, deceduta in un hospice di Orzinuovi (Brescia) dopo un intervento di liposuzione nella clinica Podgora 7 la scorsa estate. Al telefono, il medico fa rispondere prima ad una assistente e poi richiama una voce maschile che si presenta come «ufficio stampa» del complesso clinico Podgora 7. Quando i carabinieri del Nas e della compagnia Duomo, ieri pomeriggio, hanno suonato alla porta dello studio di Colli all’interno della piccola clinica, il chirurgo stava ultimando un intervento di liposuzione e c’erano altre pazienti in attesa. Per lui ha parlato, in serata, l’avvocato Filippo Schiaffino. «Una vicenda, quella della giovane romena – dice il legale – che abbiamo seguito fin dall’inizio. Le avevamo anche consigliato di tornare in Italia». Ana Maria, in Italia, ci è tornata in fase terminale, ricoverata prima alla Poliambulanza e poi in un hospice dove è morta. Ora le indagini si concentrano sulle responsabilità di quella terribile morte dovuta a una «fascite necrotizzante». Un batterio, spiegano gli esperti, che ha un decorso molto lungo.

La giovane era stata operata nel centro medico dal solo dottor Colli, poi aveva trascorso la notte in albergo, dove si era sentita subito male. Per tre giorni non aveva potuto lasciare l’hotel, bloccata a letto da convulsioni, febbre alta e tachicardia. Poi la 34enne aveva deciso di tornare in Romania e dopo altri due giorni era stata ricoverata d’urgenza in ospedale a Bucarest. «Il chirurgo le aveva consigliato una terapia di antibiotici – spiega l’avvocato della donna, Laura Gravina –. Una volta arrivata a Galati, dove abitava con il compagno romeno, era tornata in ospedale. Lì i medici le avrebbero dato un’altra terapia». Un calvario lunghissimo e molto doloroso per la ragazza: «Aveva un’infezione devastante nelle parti basse del corpo, fianchi, addome e gambe a seguito dell’operazione», precisa il legale. Il batterio “mangiacarne”, infatti, crea buchi e necrosi dei tessuti. Ora le indagini si concentrano su tutto l’iter dell’intervento e del successivo peregrinare della donna. Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Luisa Baima Bollone, titolari dell’inchiesta, hanno anche disposto una perquisizione nello studio medico, che è ancora in corso. Saranno controllati i titoli del chirurgo e saranno ricostruite le modalità con cui è stato condotto l’intervento.

 

 

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