Modella rapita a Milano, l'imputato cambia versione: "La ragazza era d'accordo con me"

Il polacco Lucasz Herba interrogato davanti alla Corte d'Assise, il pm chiede la perizia psichiatrica

Chloe Ayling

Chloe Ayling

Milano, 21 febbraio 2018 - La modella inglese Chloe Ayling, sequestrata a luglio a Milano e minacciata di essere messa all'asta e venduta sul 'deep web' prima di essere rilasciata, «era d'accordo con me, aveva accettato la mia proposta di un finto sequestro, perché voleva popolarità e avevamo concordato che i soldi che avremmo guadagnato li avremmo divisi e poi potevamo anche uscire assieme».

È la nuova versione fornita oggi in aula da Lucasz Herba, polacco residente a Birmingham finito in carcere per il sequestro che avrebbe messo in atto col fratello Michal Konrad Herba, arrestato in Inghilterra e in attesa di estradizione. Herba, davanti alla Corte d'Assise di Milano, ha smentito la sua vecchia versione, resa al gip, che chiamava in causa fantomatici "romeni" nell'organizzazione del sequestro e ha tirato in ballo la vittima, parte civile col legale Francesco Pesce. Più volte il pm Paolo Storari ha messo in difficoltà l'imputato che ha anche sostenuto di aver preparato con Chloe la mail con richiesta di riscatto e foto della ragazza rapita. Stando alle indagini, la modella venne tenuta segregata tra l'11 e il 17 luglio prima in un appartamento a Milano e poi in una baita isolata in provincia di Torino. Venne poi liberata dallo stesso Lucasz, un «mitomanea vventuriero», secondo gli inquirenti, che voleva accreditarsi sul 'deep web'. I due fratelli avrebbero anche chiesto al manager e ai familiari della ragazza in un primo tempo 300mila e poi 50 mila dollari.

LE DICHIARAZIONI - Nella prima parte dell'interrogatorio Herba, rispondendo alle domande del pm che ha voluto, in pratica, evidenziare la sua scarsa attendibilità, non ha confermato alcunché della sua prima versione che imputava l'organizzazione del sequestro a dei romeni. «Tutto quello che ho detto non è vero», ha spiegato prima di dire di non aver mai minacciato «né fisicamente, né psicologicamente» Chloe e di raccontare che «il rapimento l'ho pianificato io, lei quando è venuta a Milano» con l'offerta di un servizio fotografico «non sapeva del finto sequestro, ma poi ha accettato la mia proposta». Ha raccontato ancora che l'aveva conosciuta nel 2015 via Facebook e le aveva già parlato dell'idea del finto rapimento. Agli atti dell'inchiesta, tuttavia, non risultano contatti tra i due. Herba ha spiegato ancora che «finto» era anche il sito da lui creato sul cosiddetto 'Black Death Group' in cui si mostravano foto e dati di ragazze «messe all'asta». Herba ha sostenuto, poi, che «lei venne chiusa in un borsone solo per lasciare tracce biologiche e le manette se le mise da sola». Quando, ha aggiunto, «ci siamo accorti che i media non si interessavano a noi, siamo andati al consolato a Milano» e lui ha rilasciato la ragazza.

IL PM - "Credo che tutte le sue rotelle non siano a posto, che la sua non sia una tecnica difensiva ma che lui abbia qualcosa che non va». Così, riferendosi alla sua nuova versione resa in aula, il pm Paolo Storari ha chiesto alla Corte d'Assise di Milano di valutare se disporre una perizia psichiatrica su Lucasz Herba, arrestato a luglio e imputato per il rapimento della modella inglese Chloe Ayling. L'uomo oggi in modo caotico ha sostenuto che la giovane accettò la sua proposta di un «finto rapimento». «Se si sia trattato di un finto sequestro o meno lo vedremo», ha detto il pm le cui indagini imputano al polacco e al fratello il rapimento della ragazza, parte civile nel processo (il legale si è associato alla richiesta del pm). Secondo Storari, però, la Corte deve considerare la necessità di una perizia psichiatrica, perché, date anche le sue versioni contraddittorie, «non si può andare avanti con l'istruttoria». La Corte deciderà nell'udienza del 14 marzo.

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