Modella rapita a Milano, primi contatti ad aprile

Il suo carceriere si era finto fotografo già allora

La palazzina dove l'anglo polacco aveva allestito il finto set fotografico (NewPress)

La palazzina dove l'anglo polacco aveva allestito il finto set fotografico (NewPress)

Milano, 6 agosto 2017 - Ad aprile aveva già contattato lo stesso manager per proporre un lavoro alla stessa modella inglese. Lei stava già per mettersi in viaggio verso Parigi, pronta a posare per un servizio fotografico, quando le era arrivata una chiamata: tutto annullato. «Si è rotta l’attrezzatura fotografica», la motivazione. Tre mesi dopo, stessa offerta. Ma cambio di location: da Parigi a Milano. Stavolta il servizio va in porto. Ma non per come si aspetta la ragazza, 20 anni. Appena mette piede nel (finto) studio fotografico milanese, una stanza affittata per l’occasione, viene immobilizzata e drogata con la ketamina. Poi rinchiusa nel bagagliaio di una Station Wagon e portata in una baita piemontese dove resta sotto sequestro per una settimana.

Le sue foto finiscono on line. E scatta la minaccia: «Se nessuno pagherà il riscatto, finirai all’asta sul web». Richiesta: 300mila dollari (corrispondente alla base d’asta), mandata tramite mail criptate al manager della ragazza. Un’asta che per fortuna non parte mai. Il suo carceriere, pentito, la libera accompagnandola al Consolato britannico. Dove viene arrestato per sequestro di persona a scopo estorsivo.

È Lukasz Pawel Herba, polacco residente in Gran Bretagna, incensurato. Per gli inquirenti è «un soggetto pericoloso che presenta aspetti di mitomania». Afferma di fare parte del gruppo Black death, morte nera, attivo sul “web profondo” con diversi traffici illegali. La ragazza arriva a Milano il 10 luglio. Alloggia in un hotel in zona Buenos Aires. Il giorno dopo, poco dopo le 8, prende un taxi per raggiungere quello che crede essere il luogo del set fotografico in via Bianconi, zona viale Ortles. È lì che comincia il suo incubo: viene rapita e portata in una baita nel comune di Lemie (Torino), dove resta fino al 17, finché il suo carceriere la libera - forse preso dai rimorsi e resosi conto che il piano diabolico era naufragato - riaccompagnandola a Milano, al Consolato britannico. Non prima di averle chiesto di pagare lei stessa il «riscatto» da 50mila sterline. Lo stato di fermo scatta per Herba il 18 luglio. Nei giorni successivi, la convalida. L’indagine coordinata dai pm Ilda Boccassini e Paolo Storari, con la Polizia postale, la squadra Mobile e lo Sco, continua in Polonia e Gran Bretagna, con la collaborazione del servizio per la cooperazione internazionale di Polizia, per individuare i complici del sequestro e cercare tracce del Black death group.

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