Terremoto, morte mamma e figlia di Milano. "Lucrezia era una ragazzina modello"

Pierina era insegnante di sostegno. "Era molto attenta anche alle piccole cose". La scuola "Professionista competente, sensibile e attenta alla crescita umana e alla formazione culturale degli alunni"

SOCCORSI Inutili purtroppo i tentativi di salvare la vita a Pierina  e Lucrezia Rendina

SOCCORSI Inutili purtroppo i tentativi di salvare la vita a Pierina e Lucrezia Rendina

Milano, 27 agosto 2016 - Gli occhi scuri come i capelli. Una cascata di ricci incornicia un visetto serio, con lo sguardo luminoso oltre le lenti degli occhiali. Così, insieme ad alcuni amici, è stata immortalata Lucrezia Rendina in una foto estiva. Forse l’ultima della sua vita, spezzata dal terremoto che ha messo in ginocchio il centro Italia la notte tra mercoledì e giovedì. Quando la terra ha tremato, Lucrezia, studentessa milanese di 16 anni, dormiva a Pescara del Tronto con la mamma Pierina, di 51, insegnante di sostegno, originaria del posto ma poi trasferitasi a Milano. Madre e figlia sono morte insieme, sepolte dalle macerie. Si vocifera fossero arrivate la sera prima del sisma per trascorrere qualche giorno di tranquillità insieme ai parenti: avevano dimenticato le chiavi di casa ma, piuttosto che tornare fino a Milano a prenderle (un avvertimento del destino?), si erano fatte prestare una scala da un vicino e avevano spaccato il vetro di una finestra. Chi le conosceva, non si capacita. «Siamo scioccati», dice Marisa Settembrini, vicepreside del liceo artistico di Brera, dove Pierina Rendina lavorava come insegnante di sostegno.

«Era molto attenta anche alle piccole cose - la ricorda una dipendente della scuola -. Quando parlava scandiva bene le parole e le sillabe per farsi capire sempre da tutti. Era molto precisa e riservata: non raccontava nulla della sua vita privata». Sulla Home page della scuola c’è un messaggio: «Tutta la comunità partecipa affranta al dolore dei familiari» e «ne ricorda con affetto la figura di professionista competente, sensibile e attenta alla crescita umana e alla formazione culturale degli alunni». Parole di cordoglio pure sulla pagina del liceo scientifico Bottoni, la scuola della sua Lucrezia, che tra pochi giorni avrebbe iniziato la terza liceo, promossa senza debiti. «Una ragazzina molto diligente», la ricorda con un filo di voce la preside Rita Donadei. «Era ancora una bambina». Più vicina al mondo dell’infanzia che a quello degli adulti, non smaliziata come certe adolescenti che si sentono già grandi. Non aveva neppure un profilo Facebook, Lucrezia. «E come tutti gli adolescenti, aveva delle passioni».

C’è chi ricorda la sua passione per i tuffi, sport che aveva praticato fino all’anno scorso. E per il liceo Bottoni è la seconda tragedia estiva: Yafet Fattori è morto poco dopo essersi diplomato. Dopo la maturità era andato in vacanza in Grecia con un gruppo di compagni di classe e della scuola ma purtroppo ha perso la vita in un incidente stradale. Il suo futuro è stato spazzato via in un istante dalla tragedia. Così come quello di Lucrezia.

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