Mamma e papà contro l’ospedale: "Chi ha sbagliato ora deve pagare"

"«Denunciamo perché vogliamo che a nessuno accada più quel che è successo a noi", dicono Marco Donegà e Daniela Rinaldi, i genitori di Vittoria

La piccola Vittoria

La piccola Vittoria

Milano, 18 ottobre 2017 - «Denunciamo perché vogliamo che a nessuno accada più quel che è successo a noi», dicono Marco Donegà e Daniela Rinaldi, i genitori di Vittoria. Insieme nello studio dell’avvocato. Insieme come la notte tra il 9 e il 10 ottobre al San Raffaele. Ecco la loro ricostruzione. «Domenica sono iniziate le perdite, sono continuate lunedì. Abbiamo chiamato in ospedale e ci hanno detto: “Venga che la visitiamo”. Siamo arrivati al pronto soccorso ostetrico ginecologico alle 22.21». «Dopo la visita – riferisce Marco –, alle 22.48 l’hanno attaccata al monitoraggio. L’hanno staccata a mezzanotte e cinque. È andata in bagno e aveva perdite, a mezzanotte e 12 ha avuto di nuovo le contrazioni davanti alle ostetriche e l’ha riferito, ma non l’hanno rivisitata». Daniela non era una neofita del parto veloce: «Ho detto all’ostetrica che la mia prima bambina è nata, sempre al San Raffaele, in mezz’ora dalle contrazioni.

Anche quella volta mi fecero scendere dal lettino e correre, ma nella stanza di fianco. La macchina diceva che non avevo le contrazioni, ma io le sentivo». «Ci hanno detto che potevamo andare a casa – continua il marito –, abbiamo insistito e allora hanno detto: “Se volete fatevi una passeggiata, tornate tra un’ora”. Siamo usciti dal blocco parto, il tempo di prendere due bottiglie d’acqua e Daniela mi ha chiesto di accompagnarla in bagno. Ha gridato, perdeva sangue. Siamo corsi verso la porta chiusa. Ho suonato, niente, ho risuonato e al citofono ho urlato: “Mia moglie sta partorendo!”, poi ho forzato la porta. Una voce ha detto di andare verso le sale parto. Abbiamo camminato per 10-15 metri». «Sentivo la testa – dice Daniela – la tenevo con le mani e i jeans, quando ho visto il personale venirmi incontro ho abbassato i pantaloni: temevo che la bimba soffocasse. Ero agitatissima, non mi sono accorta che era caduta, sentivo Marco gridare e gli chiedevo perché, visto che piangeva, era viva».

«Io l'ho vista cadere – spiega lui –. Ho sentito il rumore, uno stok, ho pensato si fosse fracassata il cranio... Me lo sogno di notte». Marco ha potuto prendere in braccio Vittoria dopo mezz’ora; nella foto che ha scattato all’1.59 si vede sulla testa un bozzo grande quanto una prugna. La foto era per Daniela, che ha potuto vederla e allattarla solo l’indomani: «Per due giorni dovevo citofonare e aspettare, perché era in terapia subintensiva». Nelle prime ore di vita, Vittoria ha fatto due Tac, due risonanze magnetiche, visita neurologica e oftamologica, ecografie oculari. E 4 giorni d’antibiotico per una «colonizzazione neonatale da streptococco agalactiae». «Alle 3.30 di martedì – racconta Marco – il neurochirurgo ha detto che c’era un versamento, gli ho chiesto cosa fosse e mi ha risposto: “Vediamo giorno per giorno”. Ore dopo, davanti a quella porta chiusa, ho suonato due volte senza risposta, e l’ho forzata ancora. “Cosa fa? Stia calmo”, mi hanno detto. Poi due dottori ci hanno incontrati con una psicologa. E hanno trasferito mia moglie in una suite. Ho chiesto più volte di parlare col primario Massimo Candiani, niente da fare. Solo giovedì hanno iniziato a dirci che Vittoria aveva una frattura, e che il sangue per fortuna scolava verso l’esterno». La bimba è stata dimessa domenica. Ha una visita neurologica a novembre: «Avremo altri controlli - conclude Marco -. Comunque, chiederemo un secondo parere».

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