La doppia morale del settore aereo. Più passeggeri, meno posti di lavoro

Malpensa e Orio in crescita costante. Eppure si sono persi 2.269 addetti

La protesta dei lavoratori è esplosa il primo agosto scorso (NewPress)

La protesta dei lavoratori è esplosa il primo agosto scorso (NewPress)

Milano, 29 settembre 2017 - E' un momento eccellente per gli aeroporti milanesi e per il traffico aereo. Ma pessimo per chi di aeroporti e di traffico aereo deve o vorrebbe vivere. Due vasi apparentemente comunicanti che invece tanto comunicanti non sono. E a dirlo sono i numeri: da un lato quelli diffusi da Assaeroporti, l’associazione italiana dei gestori degli scali, e dall’altro quelli in possesso della Filt-Cgil.

A luglio 2017 Malpensa ha fatto segnare un aumento dei passeggeri pari al 16,2% rispetto a luglio dell’anno scorso. Il dato è decisamente più eloquente se riletto in numeri assoluti: i passeggeri sono stati 2,3 milioni. Tradotto: quanto a volume di viaggiatori, l’aeroporto varesino si è sensibilmente riavvicinato ai volumi dell’estate 2007, quella precedente al dehubbing, vale a a dire: all’addio di Alitalia. Malpensa cresce incessantemente ormai da due anni. E cresce dappertutto, anche nel cargo: la percentuale di incremento rispetto al luglio 2016 è stata dell’8,1%. Più contenuta la crescita di Linate, pari a 1,9%. Ma sempre crescita resta. Piuttosto sostenuta si conferma l’ascesa di Orio Al Serio, ormai terzo aeroporto italiano: a luglio 2017 l’incremento di passeggeri è stato del 15,5% rispetto allo stesso mese del 2016, attestandosi ad oltre 1,2 milioni di viaggiatori in numeri assoluti.

Milano brilla ma la congiuntura è favorevole per l’intero settore: Assaeroporti evidenzia una crescita dei passeggeri pari al 7,2% nei 37 aeroporti monitorati sempre a luglio, per un totale di 19,1 milioni di viaggiatori. Il cargo cresce anche di più: 11,4%.

Decollano  sempre più voli e sempre più passeggeri ma al tempo stesso il comparto aereo ha costantemente perso posti di lavoro. Dal 2007 ad oggi sotto lo spazio aereo milanese sono stati lasciati a casa 2,269 lavoratori. Gli stessi dieci anni che sul fronte del traffico hanno fatto segnare un recupero di passeggeri, sia pur con qualche interruzione, sul fronte occupazionale sono invece stati anni di crisi. Metà di quei posti di lavoro (per l’esattezza 1.150) si sono persi in Sea, la società che gestisce gli aeroporti di Linate e Malpensa. Ma l’altra metà è ripartita tra 21 compagnie aeree. Cinquecento i lavoratori tagliati dal 2009 al 2016 da Meridiana Fly, 162 quelli tagliati dal 2008 ad oggi da Lufthansa nelle sue tre articolazioni (Lufthansa, Lufthansa Italia, Lufthansa Cargo), senza contare gli 84 posti di Globe Ground, azienda di handling che aveva proprio nella compagnia aerea tedesca il suo unico cliente. Ecco poi i 168 lavoratori di New Livingston passati dal 2014 ad oggi dalla cassa integrazione alla mobilità per fallimento. Nel lungo elenco di chi in questi anni ha licenziato, sempre sotto lo spazio aereo milanese, compaiono vettori di primissimo piano quali Air France, British Airways e Iberia.

Perchè questa dissonanza? «I fattori che hanno causato questa perdita occupazionale sono stati soprattutto due – spiega Stefano Malorgio, segretario generale lombardo della Filt-Cgil –. Da un lato c’è la tecnologia. Una parte di questi posti si sono persi a causa della chiusura di uffici commerciali o biglietterie e della rinuncia delle compagnie a figure quali i supervisori e gli addetti di scalo: uffici e figure ritenute “superate” da internet e dall’on line. L’altro fattore è l’affermarsi del modello industriale delle low cost, che portato i vettori a tagliare il tagliabile. Mi riferisco in particolare a quelle compagnie low cost, non tutte, che hanno adottato un modello di riduzione dei costi piuttosto spinto. Spinto al punto da avere conseguenze negative sull’indotto, come dimostrano questi dati. Il caso della cooperativa Alpina, quella che serve Ryanair per l’handling, rientra, inutile girarci intorno, in questa fattispecie». giambattista.anastasio@ilgiorno.net

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