Galleria, polemica per il maxi-poster: "Gucci ha pagato solo 2.300 euro"

La pubblicità copriva il cantiere. Rizzo: cifra irrisoria per la griffe

Il maxi cartellone di Gucci in Galleria  Vittorio Emanuele (Newpress)

Il maxi cartellone di Gucci in Galleria Vittorio Emanuele (Newpress)

Milano, 6 dicembre 2016 - Il costo di 20 giorni di pubblicità Gucci in Galleria Vittorio Emanuele? Appena 617 euro. Anzi, per la precisione, oltre all’imposta comunale sulla pubblicità da 617 euro, bisogna aggiungere i 155 euro di diritto sulle affissioni e i 1.534,62 euro per l’occupazione di suolo pubblico della cesata di cantiere dove è stato posizionato il maxi-poster di Gucci con l’avviso che lo showroom del marchio di alta moda, dopo la ristrutturazione del locale nel Salotto dei milanesi, avrebbe riaperto a inizio dicembre. Spesa totale per pubblicità e cesata: 2.306,62 euro. Una cifra che appare comunque irrisoria per la maison. Una cifra che non ha convinto per niente Basilio Rizzo, consigliere comunale di Milano in Comune e storico rappresentante della sinistra milanese: «I 617 euro per la pubblicità in Galleria sono una cifra risibile.

Se si vuole veramente valorizzare il Salotto, il Comune dovrebbe incassare di più da pubblicità collocata all’interno di uno dei simboli della città. Il cartellone era posto in una cesata di cantiere? Vero, ma sarebbe bastato fare una gara per ottenere un cifra molto più alta a favore dell’amministrazione comunale. Ci sarebbero state imprese disposte sicuramente a pagare più di quei 617 euro». Non è la prima volta che Rizzo denuncia casi del genere: nel 2014 Versace aveva sborsato appena 1.290 euro per una maxi-pubblicità che copriva il cantiere in uno dei quattro lati dell’Ottagono e il consigliere di sinistra andò all’attacco. Due anni dopo, ci risiamo. Maxi-poster pubblicitario copri-cantiere autorizzato dal 14 novembre al 3 dicembre, simile cifra al ribasso. Attenzione: Rizzo non denuncia irregolarità nel contratto tra Comune e Gucci, ma sottolinea che per uno spazio del genere l’amministrazione farebbe meglio a far valere le regole del mercato, che potrebbero portare nelle casse comunali molti più euro.

Gucci, intanto, ha modificato in parte l’utilizzo dello spazio da 295 metri quadrati affittato nel 2004 e per il quale dal settembre 2014 paga un canone annuo di 540 mila euro dopo avere esercitato il diritto di prelazione e averla spuntata su Caffè Illy. Qual è la modifica d’uso? Il bar di Gucci è sparito, le tre vetrine del locale sono interamente dedicate alle borse e agli accessori della griffe. Il motivo? Nel 2004 Gucci ha ottenuto lo spazio grazie a una trattativa privata con il precedente affittuario, il bar-ristorante «il Salotto». Ma per subentrare al «Salotto» il marchio di alta moda ha dovuto mantenere almeno una parte della precedente attività. Risultato: la griffe si è messa a fare i caffè. Almeno fino a ieri, quando il bar è sparito per lasciare spazio solo ai prodotti della maison grazie al contratto rinnovato direttamente con il Comune. Una situazione analoga si era verificata per il Bar Sì, subentrato alla libreria Remainders con l’«invenzione» di un Caffè letterario per dimostrare la continuità della precedente attività.

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