"Prostituisciti come me". I contatti col faccendiere per i cestisti dell’Olimpia

Nelle intercettazioni, l'incontro nella sede della società

Giuseppe Falcone

Giuseppe Falcone

Milano, 25 ottobre 2016 - "Giuseppe, ascoltami una cosa: i giocatori dell’Olimpia che hanno portato la famiglia qua, loro hanno il permesso di soggiorno perché lavoratori in Italia e tutto regolare con il Coni, ma le famiglie per essere qui devono avere anche loro un permesso, giusto? Temporaneo...". Durante l’inchiesta su Falcone, gli investigatori della Mobile intercettano pure questa telefonata: all’altro capo c’è l’indagato M.R., consulente per la sicurezza di una catena di supermercati con una sfilza di precedenti che vanno dall’arresto nel 1985 per associazione di tipo mafioso a quello nel 2000 per sequestro di persona, rapina aggravata, detenzione e porto abusivo d’armi e ricettazione. Non proprio l’interlocutore ideale per un poliziotto, verrebbe da dire. Cosa vuole R. da Falcone? Una corsia preferenziale per i parenti degli atleti extracomunitari in forza alla squadra di basket campione d’Italia.

"Ma che cittadini sono, prima di tutto?", chiede Falcone. "Allora sono americani, uno...", replica M. "Gli americani non hanno bisogno di visto il periodo di entrata quando sono arrivati in Italia". "Allora, quindi un ameri... l’americano non ha bisogno di visto e quindi una volta se è qui è qui punto e basta poi... poi un serbo". "Sì, i serbi i serbi sempre extracomunitario, lascia", dice Falcone, che chiede lumi a un’altra persona. Poi riprende: servono contratti e permessi di soggiorno dei mariti, più "il certificato di matrimonio tradotto dall’ambasciata italiana nel loro Paese". M. riepiloga: "Certificato di matrimonio, ambasciata del loro Paese". "No... l’ambasciata italiana". Meglio un chiarimento di persona. Che avviene, secondo i servizi di osservazione, la mattina del 19 novembre 2015: "L’incontro – sottolinea il gip – ha permesso a R. di far visionare a Falcone, presso la sede dell’Olimpia Basket (al Lido, ndr), la posizione di alcuni giocatori stranieri del predetto team sportivo, allo scopo di avere una corsia preferenziale per la regolarizzazione nel territorio nazionale".

Una consulenza da parte dell’ispettore, la definisce il giudice, "mediata da R. e da questi remunerata" con un’assunzione per l’amica. Le richieste di R. sono continue: in un’occasione, chiede al poliziotto di intercedere addirittura con il Consolato italiano a Boston per la pratica legata a un altro giocatore. "Avrei bisogno di un aggancio perché abbiamo mandato il documento sbagliato, ma poi ho bisogno di anticipare per un giocatore: ho l’appuntamento per il visto il 15 gennaio, ma mi serve fra tre ore, fra un giorno due giorni al massimo". "Io posso vedere ma è troppo lontano Boston", prova a frenare Falcone. "Consolato italiano a Boston – ripete l’altro –. Prova, prostituisciti. Rapido!".

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