Fratel Ettore Boschini, l'arcivescovo Delpini apre processo di beatificazione

"Desideroso di stare vicino ai pià diseredati, senza tetto, immigrati, persone sole senza affetti, prese ad istituire dei "Rifugi", luoghi ospitali organizzati per soccorrerli al meglio"

Fratel Ettore Boschini (Brianza)

Fratel Ettore Boschini (Brianza)

Milano, 21 ottobre 2017 - L'Arcivescovo di Milano Mario Delpini, ha incaricato la Curia Arcivescovile di pubblicare l'Editto per l'apertura del processo di beatificazione e canonizzazione "del Servo di Dio Fratel Ettore Boschini". Da questo momento i fedeli ambrosiani potranno far pervenire al Servizio per le Cause dei Santi della Curia Arcivescovile di Milano testimonianze o scritti sulla figura del sacerdote in vista dell'inizio dell'istruttoria diocesana martedi' 19 dicembre. Avanzata dall'Ordine Religioso dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi (Camilliani) e dall'associazione I Missionari del Cuore Immacolato di Maria, la richiesta di apertura del processo di beatificazione, era già stata accolta il 12 marzo 2012, dall'allora Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola. Con la pubblicazione dell'Editto, Delpini ha confermato la scelta del suo predecessore. Fratel Ettore Boschini, morì il 20 agosto 2004 a 76 anni, nella clinica camilliana "San Pio X" a Milano. 

Nato nella frazione Belvedere del Comune di Roverbella (Mantova) il 25 marzo 1928 da una famiglia di agricoltori, Ettore Boschini trascorse la fanciullezza in ristrettezze economiche familiari e giunto all'adolescenza dovette lasciare la scuola, per andare a lavorare nei campi e nelle stalle, alle dipendenze di piccoli proprietari terrieri. "Giunto ai 24 anni, la vocazione allo stato religioso che avvertiva in sé, si fece più insistente - spiegano dalla Curia Milanese - per cui scelse di entrare nell'Ordine dei Camilliani, venendo accolto il 6 gennaio 1952 e pronunciando i voti temporanei come Fratello, il 2 ottobre del 1953".

Nei primi anni Settanta fu destinato a Milano, alla clinica camilliana "San Pio X", dove mentre lavorava, riuscì a conseguire la licenza media e il diploma d'infermiere professionale. "Nel capoluogo lombardo, scoprì le miserie che si nascondono nella vita metropolitana delle grandi città. Desideroso di stare vicino ai pià diseredati, senza tetto, immigrati, persone sole senza affetti, prese ad istituire dei "Rifugi", luoghi ospitali organizzati per soccorrerli al meglio, prima da solo, poi con l'aiuto di volontari attratti dal suo carisma camilliano. Con la sua sdrucita veste talare nera, con la grossa croce rossa sul petto, abito tipico del suo Ordine, percorreva in lungo e in largo Milano, alla ricerca dei bisognosi, offrendo aiuto concreto e spirituale. Superò innumerevoli difficoltà, incomprensioni, maltrattamenti e, con il tempo, divenne il simbolo di una vera e difficile solidarietà".

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