Expo, dagli appalti alla mafia: ecco le indagini dei pm

Esplode' l'inchiesta sulla Piastra dei servizi di Expo, con l'iscrizione agli indagati del sindaco Giuseppe Sala

Appalti Expo

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Milano, 16 dicembre 2016 - Con l'iscrizione di Giuseppe Sala per falso materiale e ideologico 'esplode' l'inchiesta sulla Piastra dei servizi di Expo, l'appalto piu' ricco dell'Esposizione universale che venne assegnato con un ribasso del 42 per cento alla società Mantovani. Proprio questa indagine segnò l'acme del cruento scontro nella Procura milanese tra l'allora capo Edmondo Bruti Liberati (ora in pensione) e l'aggiunto Alfredo Robledo, poi trasferito a Torino per i suoi rapporti con l'avvocato della Lega, Domenico Aiello. In seguito ai contrasti sulla gestione di questo fascicolo, nel giugno del 2014, Bruti si autoassegno' tutte le indagini sull'evento costituendo la cosiddetta 'Area omogenea Expo' che, di fatto, estrometteva l'allora capo del pool reati contro la pubblica amministrazione dalle inchieste sulla manifestazione. La 'sanguinosa' battaglia tra le due toghe e' la costante di tutto il complesso rapporto tra magistratura ed Expo per la cui buona riuscita l'ex premier Matteo Renzi nell'agosto 2015 ringrazio' anche la Procura di Milano "per la sensibilita' istituzionale dimostrata". LA 'CUPOLA' DEGLI APPALTI - Il 20 marzo 2014 arrivano i primi arresti legati all'evento nell'ambito di un'indagine su Infrastrutture lombarde (Ilspa), controllata della Regione Lombardia. Finiscono in carcere il dg Antonio Rognoni e Pierpaolo Perez, responsabile dell'ufficio gare. I pm indagano sui metodi di assegnazione delle consulenze e per la prima volta mettono nel mirino anche i lavori di Expo. Ai domiciliari vanno il direttore amministrativo di Ilspa, Maurizio Malandra, quattro avvocati e un ingegnere che si sarebbero spartiti incarichi per un milione e 200mila euro. L'inchiesta su Ilspa si allarga nei mesi successivi e il 9 maggio finisce a San Vittore Angelo Paris, responsabile acquisti di Expo, assieme all'ex Dc Gianstefano Frigerio, all'ex Pci Primo Greganti e all'ex forzista Luigi Grillo. Imprenditori e politici della prima Repubblica, nomi gia' noti alle cronache giudiziarie, che, per i pm, costituiscono la "cupola degli appalti di Expo" e avrebbero truccato, tra l'altro, l'assegnazione dei lavori per le 'Vie d'acqua' e l''Architettura dei servizi'. Tutti patteggeranno pene fino ai tre anni di carcere. Qualche mese dopo, a ottobre, la Procura 'chiarisce' chi avrebbe beneficiato delle commesse per le 'Vie d'acqua': il responsabile del Padiglione Italia Antonio Acerbo, il manager Andrea Castellotti e l'imprenditore Giandomenico Maltauro, che avrebbe promesso 150mila euro al figlio di Acerbo, Livio, come consulenze. 

SALA E L'APPALTO SENZA GARA DI EATALY - In gran segreto, durante l'Esposizione, Giuseppe Sala viene indagato per abuso d'ufficio in relazione all'affidamento diretto a Eataly dei servizi di ristorazione in due padiglioni di Expo, con presunti vantaggi per la societa' di Oscar Farinetti. La vicenda aveva gia' sollevato l'interesse dell'Autorita' anticorruzione di Raffaele Cantone. A gennaio 2016 si viene a sapere che Sala era stato indagato, ma la sua posizione e' gia' stata archiviata. "Dubbi esistenti e condivisibili" quelli di Cantone "sulla mancata osservanza della normativa originaria sugli appalti", si legge nel decreto di archiviazione, ma l'ex ad di Expo non deve essere processato perche' "non risulta univocamente dimostrato l'elemento psicologico richiesto dal reato di abuso d'ufficio". Con quell'appalto senza gara, Eataly ottenne "un indiscutibile vantaggio contrattuale" ma "non e' dimostrabile che Sala abbia agito intenzionalmente per procurare un vantaggio ingiusto".

LA MAFIA NEI PADIGLIONI -  Un'inchiesta della Dda guidata da Ilda Boccassini ipotizza che ci fosse la mafia dietro l'elegante padiglione in legno della Francia e gli stand del Qatar, della Guinea Equatoriale, del Camerun e perfino dietro alla passerella che ha portato milioni di visitatori a immergersi nelle attrazioni dell'Esposizione. A luglio 2016, la Guardia di finanza arresta 22 persone accusate di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari con l'aggravante di avere favorito gli interessi di Cosa Nostra, in particolare la famiglia di Pietraperzia (Enna). Al centro dell'indagine da cui sono scaturiti due processi ancora in corso, le presunte infiltrazioni della criminalita' organizzata nella Fiera di Milano attraverso la controllata Nolostand che viene commissariata. Nello stesso periodo, la Procura di Reggio Calabria fa arrestare 14 persone legate al clan Aquino - Coluccio (un gruppo che si vantava del fatto, dicevano, che "il 70 per cento dei lavori di Expo e' fatto da noi"). Sono accusati di avere ottenuto subappalti per opere di primo piano come la Piastra, gli stand di Ecuador e Cina, il Padiglione Italia, rampe e reti fognarie del sito. 

Fonte Agi

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