Esplosione via Brioschi, perito: gesto di Micaela evitò strage peggiore

Quando la compagna di Pellicanò ha chiuso la valvola con il suo "gesto" ha evitato "conseguenze anche peggiori" perché se non l'avesse fatto a seguito della deflagrazione avrebbe potuto svilupparsi anche un incendio

La palazzina sventrata

La palazzina sventrata

Milano, 9 settembre 2016 - Quando Micaela Masella ha chiuso la valvola dell'impianto della cucina, dopo essersi accorta della fuga di gas, con il suo "gesto" ha evitato "conseguenze anche peggiori" perché se non l'avesse fatto a seguito della deflagrazione avrebbe potuto svilupparsi anche "un incendio". Micaela, una delle vittime della strage, era la moglie di Giuseppe Pellicanò, il pubblicitario finito in carcere per strage per aver causato, il 12 giugno, l'esplosione della palazzina in via Brioschi. Oltre a Masella, i cui familiari sono rappresentati dai legali Franco Rossi Galante e Antonella Calcaterra, sono morti anche Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi, fidanzati che abitavano nell'appartamento accanto. L'elemento emerge dalle parole dell'ingegnere Livio Colombo nella consulenze tecnica, depositata nel pomeriggio di oggi, disposta dal procuratore aggiunto Nunzia Gatto e dal pm Elio Ramondini. Nella relazione, il consulente della Procura riporta anche un'annotazione dei vigili del fuoco che intervennero quella mattina e che trovarono Pellicanò vivo e "avvolto da un materasso di un divano letto". 

Per il perito "la manovra che ha portato all'esplosione" è stata "accuratamente provata e preparata" ed è "impossibile pensare che chi l'abbia effettuata non ne prevedesse le possibili conseguenze". Nella relazione viene evidenziato il "gesto volontario" di "disconnessione" del "raccordo che collegava l'impianto interno con il piano cottura nella cucina dell'alloggio di Pellicanò-Masella". Il perito ha calcolato che il tubo è stato svitato "verosimilmente attorno alle 2 di notte" e che la fuga di gas è durata quindi "circa 7 ore". Fino a che, verso le 9 del mattino, "qualcuno", con "ogni probabilità Micaela Masella", sentendo "l'odore di gas e avvedendosi di quello che stava succedendo, non si è precipitato, una volta individuato il punto di fuga, a chiudere l'adiacente rubinetto di intercettazione". 

Tuttavia, si legge ancora nella consulenza, "in un imprecisato istante, poco dopo, un qualche innesco, del quale non è possibile individuare la natura e la posizione, ha prodotto l'accensione della miscela esplosiva di gas e aria". In circa sette ore, in totale, "si sono riversati nell'ambiente circa 45 metri cubi di gas", quella che lo stesso perito definisce "un'enormità" di gas. E si sono poi verificate una serie di «esplosioni multiple» in una sorta di "effetto a catena". Nella relazione viene anche messo in evidenza come Pellicanò, nei giorni precedenti, avrebbe fatto "un primo tentativo, poi rientrato, di provocare l'esplosione". Una "prima copiosa fuoriuscita di gas è avvenuta anche tra le 6 di giovedì (tre giorni prima dell'esplosione) e le ore 6 del venerdì, e una testimonianza riferisce che, nelle prime 10 ore circa di quell'intervallo di tempo, né la Masella, né le due figlie, erano in casa".

Tra l'altro, il perito mette in luce come quel "tentativo" potrebbe anche "essere servito ad allentare una prima volta il raccordo del piano cottura, per poterlo poi successivamente manovrare con la sola forza delle mani, senza dovere più ricorrere all'utilizzo di utensili per compiere questa operazione in modo più silenzioso, in modo che nessuno sentisse" nel "cuore della notte".

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