Su Ema niente schiaffi, solo sfortuna. E il flop azzurro non c’entra nulla

Per la corsa ai Mondiali troppi errori. Con l’Ue giusta preparazione

Ema ad Amsterdam, Milano sconfitta

Ema ad Amsterdam, Milano sconfitta

Milano, 23 novembre 2017 - Domanda: che cosa c’entra l’eliminazione della nazionale di calcio dal mondiale con lo sfortunato – per noi – sorteggio che ha premiato Amsterdam come sede dell’agenzia europea dei farmaci? Risposta: non c’entra proprio niente. Con buona pace degli opinionisti che hanno rovistato nelle coincidenze tra due casi disparati non c’è nessuna connessione. Anzi no, una connessione c’è, ma non riguarda Milano, riguarda la sostanza piagnona e sospettosa di quel tratto del carattere nazionale che si avvoltola nell’autolesionismo. Il pubblico di San Siro ha sostenuto gli azzurri fino all’ultimo minuto. Se hanno perso addirittura prima delle già mortificanti eliminazioni subite nei due precedenti mondiali la colpa non è del terreno di gioco. È dell’inadeguato, pittoresco, poco presentabile presidente della Federcalcio Tavecchio che ha scelto un allenatore privo del talento, dell’esperienza e anche della lucidità necessari. È colpa del sistema calcio italiano e di come funziona: con la parte pubblica brava a procacciarsi i voti dalle società minori e dilettantesche per custodire meglio gli interessi, tutti gli interessi, delle grandi. Ora si parla di riforme e qualche riformatore di giornata propone di affidare le cure della nazionale alla Lega, cioè alle società private. Che audacia! Che lampo di genio! Così magari ci troveremo i cinesi di Milano a decidere per la nazionale o uno Zamparini libero di cambiare commissario tecnico ogni due mesi. Il calcio è sempre più uno sport globale, uno spettacolo globale, ma trascurare e mortificare i vivai nazionali è certo il peggior modo di parteciparvi. Ci sono tante cose da cambiare e ci sono regole e limiti – anche agli ingaggi di giocatori stranieri – da stabilire. Anche nel calcio ci vuole una misura, un equilibrio tra il mercato e gli interessi sociali coinvolti e ci vuole uno sguardo lungo per non essere sempre sotto emergenza. Tutt'altra vicenda quella dell’Ema. Alla fine ha deciso la fortuna e se ci avesse premiato adesso non saremmo qui a criticare il sorteggio finale tra le due città più votate. La candidatura di Milano era forte, fortissima, ed ha prevalso in tutte le votazioni fino al pareggio con Amsterdam. La preparazione era stata adeguata, Gentiloni, Sala, Maroni hanno lavorato all’unisono con la rete diplomatica e il coordinamento di parlamentari voluto da Lia Quartapelle l’ha affiancata compiendo missioni negli altri paesi europei. Certo, anche da un rovescio di fortuna si può imparare, magari per scoprire che abbiamo la metà di diplomatici di quanti ne ha la Germania e un terzo della Francia. Ancora più importante sarebbe registrare il nostro atteggiamento politico verso l’Europa, uscendo dalla schizofrenia che ci indebolisce e ci paralizza. Aggredire polemicamente gli eurocrati di Bruxelles e gli altri paesi europei nel momento stesso in cui si cercano appoggi e alleanze per decisioni che ci riguardano può servire alla propaganda politica degli arrabbiati, degli indignati, dei catastrofisti ma di sicuro nuoce ai nostri interessi.  Quando Marco Travaglio nel corso di un talk show evoca le infiltrazioni della ‘ngrangheta a Milano mentre si discute della sua candidatura fa il suo mestiere. Ma che mestiere è – dopo il sorteggio che ha premiato Amsterdam e escluso Milano – titolare come hanno fatto alcuni giornali, «Schiaffo dall’Europa»? Non c’è stato nessuno 

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