Gli ergastolani e la speranza: "Ragazzi, non fate come noi"

In un docufilm girato da Ambrogio Crespi la voce dei detenuti di Opera che dal loro 'fine pena mai' hanno rotto il silenzio

Il regista Ambrogio Crespi

Il regista Ambrogio Crespi

Milano, 20 dicembre 2016 -  «Ero il primo ad avere dei pregiudizi. Ho accettato, quasi un anno fa, di girare questo documentario quando ho capito che avevo di fronte degli uomini disposti a squarciare il velo del silenzio, raccontare le loro emozioni, le cadute, gli errori. E a dare un messaggio forte contro la mafia, contro “Gomorra”, spezzare la catena dell’omertà. Ci mettono la faccia, si sono fatti vedere». Ambrogio Crespi è il regista che ha firmato il docufilm «Spes contra Spem - Liberi dentro», presentato alla Biennale di Venezia alla presenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando, e al Festival del Cinema di Roma. Quando parla è un fiume in piena.

L’esperienza nel carcere di Opera, tre giorni passati a girare, chiuso in una cella, con Sergio D’Elia, dell’associazione di “Nessuno tocchi Caino”, e i detenuti, questo intenso e drammatico docufilm, è ancora impressa nella sua mente. Il corto verrà proiettato stasera al Pirellone, nell’Auditorium Gaber (ore 21, ingresso libero, gli ultimi posti disponibili prenotabili dal sito www.consiglio.regione.lombardia.it) su iniziativa della presidenza del Consiglio. Preparatevi ad immagini di forte impatto emotivo. Sfilano i volti e le storie dei carcerati, condannati all’«ergastolo ostativo» che a differenza dell’ergastolo più comunemente conosciuto (prevede permessi premio dopo un certo numero di anni di carcere) ha la caratteristica di non finire mai.

Roberto è rinchiuso dietro le sbarre da 23 anni, Vito ne ha trascorsi 22, Alfredo 24, Orazio 22, tutti in isolamento. Uomini che hanno alle spalle vissuti criminali pesanti, di mafia. «La storia che più mi ha colpito è quella di Orazio – racconta il regista Crespi –. Orazio Paolello ha vissuto tutti questi anni chiuso in isolamento, in un cella di un paio di metri quadrati». Era considerato fra i più pericolosi mafiosi gelesi. Quando fu arrestato, nel 1993 - raccontano le cronache dell’epoca - era latitante da quasi cinque anni. Autore di numerosi omicidi. «E forte - prosegue Crespi - è stato il messaggio di Orazio e degli altri: abbiamo sbagliato, ragazzi non sprecate la vostra vita, non bruciatela con delle cose assurde.Volete fare questa vita da sfigati? Capisce la forza di questo appello? È un pentimento intimo, dell’anima. Per loro è stata una liberazione parlare, hanno tirato fuori il lato oscuro, parlando della vita precedente, e l’anima bianca, confessando di essere cambiati in carcere, di aver compreso gli errori. E sono cambiato anch’io. Mi ha impressionato pensare che questi uomini, senza speranza, vista la loro condizione, hanno cercato di lanciare un messaggio positivo».

Accanto alla vce dei detenuti si ascolta anche quella dello Stato, dell’amministrazione penitenziaria che in questi anni ha compiuto grandi sforzi per migliorare la condizione carceraria. Il docufilm è stato proiettato nel carcere di Secondigliano. «Avevo paura della reazione dei detenuti», confessa il regista. «Invece anche loro hanno chiesto di rompere il silenzio, di parlare».

Spes contra spem, Liberi dentro: il titolo del film si ispira ad un passo della Lettera ai Romani di San Paolo, dove si fa riferimento alla fede incrollabile di Abramo che «sperò contro ogni speranza».

stefania.consenti@ilgiorno.net

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