Caso dj Fabo, attesa la sentenza per Marco Cappato: giudici in camera di consiglio

La Corte d'Assise di Milano deve esprimersi sul ruolo avuto dall'esponente radicale, a processo per il reato di aiuto al suicidio

Marco Cappato in aula con la moglie (Lapresse)

Marco Cappato in aula con la moglie (Lapresse)

Milano, 14 febbraio 2018 -  I giudici della prima Corte d'Assise di Milano - due togati e sei popolari - si sono ritirati in camera di consiglio per emettere la sentenza a carico del tesoriere dell'associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, a processo per il reato di aiuto al suicidio per il ruolo avuto nel viaggio in Svizzera di Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo. Il 40enne milanese, diventato cieco e tetraplegico dopo un grave incidente d'auto, nel febbraio del 2017 aveva deciso di mettere fine alle sue sofferenze in una clinica elvetica. Il verdetto é atteso non prima delle 14.30.

Oltre a Cappato, assistito dai legali Massimo Rossi e Francesco Di Paola, era presente in aula, come a tutte le udienze, Valeria Imbrogno, fidanzata di Fabo. L'imputato, che si autodenunciò ai carabinieri di Milano il giorno dopo la morte di dj Fabo (da lì partì l'indagine), sempre secondo la Procura, lo aiutò, accompagnandolo in macchina dal capoluogo lombardo in Svizzera, nell'esercizio di quel «diritto alla dignità della morte», che non è un «diritto al suicidio». Per il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, tra l'altro, i pm avevano già chiesto l'archiviazione ma fu il gip Luigi Gargiulo, il 10 luglio scorso, a disporre l'imputazione coatta spiegando che Cappato avrebbe addirittura «rafforzato» il proposito di suicidio di Antoniani. Oltre alla tesi dell'aiuto nell'esercizio di un diritto, i pm nella requisitoria dello scorso 17 gennaio hanno anche evidenziato come Cappato non abbia «avuto alcun ruolo nella fase esecutiva del suicidio assistito di Fabiano e non ha nemmeno rafforzato la sua volontà di morire». I pm, in subordine rispetto alla richiesta di assoluzione «perché il fatto non sussiste», hanno chiesto l'invio degli atti alla Consulta, mentre nelle ultime dichiarazioni in aula l'esponente dei Radicali ha spiegato: «Piuttosto che essere assolto per un aiuto giudicato irrilevante, mentre è stato determinante, preferirei essere condannato».

La difesa di Cappato ha chiesto l'assoluzione «perché il fatto non costituisce reato» anche perché, come spiega l'Associazione Luca Coscioni, rappresenterebbe «una sentenza storica, che andrebbe a creare un precedente giurisprudenziale perché aprirebbe la strada all'assistenza medica a una morte volontaria senza sofferenze anche nel nostro Paese, senza bisogno di dover andare in Svizzera». L'avvocato Filomena Gallo, coordinatrice della difesa di Marco Cappato, in mattinata ha commentato: "Il ruolo della Corte di Assise di Milano che dovrà emettere la sentenza stamattina è un ruolo importante; è la prima volta che un tribunale è chiamato a pronunciarsi su un caso come quello della disobbedienza civile di Marco Cappato che si è autodenunciato per aver aiutato Dj Fabo. La Corte può condannarlo, rischia dai 5 ai 12 anni di carcere. Ma Cappato potrebbe essere assolto alla luce dei principi costituzionali che non erano conosciuti all'epoca della redazione del divieto del codice penale. Creerebbe un precedente importante per tutti i casi che rispecchiano la fattispecie in cui si è trovato Dj Fabo, ossia malattia irreversibile che produce gravi sofferenze e piena capacità di intendere e di volere. L'Italia con questo processo è stata chiamata in campo entrando nell'aula del processo. Non c'è persona che non abbia pensato almeno per un attimo che i fatti della vita che riguardano Dj Fabo potrebbero riguardare tutti quanti noi".

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