Un anno da detenuto, ma è innocente: "Ora lo Stato paghi"

Milano, il ragazzo chiede 158mila euro

A sinistra Maroine Er Rabhi

A sinistra Maroine Er Rabhi

Milano, 23 aprile 2017 - «È come se fossi rimasto per un anno in coma: prima di finire in carcere avevo dei sogni, volevo diventare un grafico, adesso non mi è rimasto più niente». Lo spartiacque nella vita di Maroine Er Rabhi risale al 29 gennaio 2013 quando, a 17 anni, fu arrestato con l’accusa di cessione di sostanze stupefacenti, estorsione e lesioni nell’ambito di un’indagine su un giro di spaccio di droga a minorenni. Nonostante fosse incensurato ha trascorso cinque mesi (per l’esattezza 146 giorni) nel carcere minorile Beccaria di Milano. Nel giugno 2013 ha ottenuto la misura meno afflittiva della collocazione in una comunità a Garlasco, nel Pavese. E, nel gennaio 2014, un anno dopo l’arresto, è stato rimesso in libertà per scadenza dei termini di custodia cautelare. Il colpo di scena è arrivato nel corso del processo davanti al Tribunale per i minorenni di Milano. Il 25 maggio del 2015 i giudici hanno assolto Maroine, che si è sempre proclamato innocente, «per non aver commesso il fatto». Lo stesso pm aveva chiesto l’assoluzione per il reato di estorsione, proponendo invece la condanna per spaccio. In sostanza l’impianto accusatorio - basato in particolare sui racconti di ragazzi che avrebbero acquistato la droga e avrebbero subito violenze per ottenere il pagamento di debiti - non ha retto nel processo.

I giudici, nelle motivazioni della sentenza, hanno definito «contrastanti» le dichiarazioni dei testimoni. E hanno sottolineato inoltre che «la pubblica accusa non ha fornito nessun altro elemento di prova a conforto della sostenuta attività di spaccio». Per la giustizia Maroine, quindi, è innocente. Ora, assistito dall’avvocato Edoardo Mastice, chiede un maxi-risarcimento allo Stato italiano: 158.200 euro per ingiusta detenzione. «La somma - scrivono gli avvocati nell’istanza sulla quale i giudici devono ancora esprimersi - è calcolata in 500 euro per ogni giorno trascorso in carcere e 400 euro per ogni giorno passato in comunità». Dopo la liberazione il giovane - nato in Marocco e residente in Italia dall’età di un anno - è tornato a vivere a Rovellasca, nel Comasco, assieme alla madre e ai fratelli. Lavora come cameriere, cercando di lasciarsi il passato alle spalle. «Dopo l’arresto mi hanno portato immediatamente al Beccaria - racconta -. Alle 8 sono entrato in carcere, e alle 8.30 ero già con gli altri ragazzi. Quando dicevo di essere innocente nessuno mi credeva e, alla fine, ho smesso di parlare dei miei guai».

Lesperienza al Beccaria è stata segnata anche dal tentativo di suicidio del suo compagno di cella, e dal tempestivo intervento per salvargli la vita. «Ricordo che stavo guardando Harry Potter in televisione e mi sono addormentato - racconta - all’improvviso ho sentito dei rumori, mi sono svegliato e ho visto il mio compagno di cella appeso al soffitto. Ho iniziato a urlare per richiamare l’attenzione, sono riuscito a tirarlo giù e a togliere il cappio. Per questo ho ricevuto anche un encomio da parte dell’amministrazione del carcere. Ho festeggiato i miei 18 anni da detenuto - prosegue - invece di essere assieme ai miei amici». Poi è arrivato il trasferimento in comunità e, infine, l’assoluzione. «In tutto questo tempo mi sono sentito piccolo come una formica - prosegue - un oggetto che poteva essere spostato a piacimento. Quando sono stato assolto il giudice si è avvicinato e mi ha chiesto scusa. Non so cosa farmene delle scuse. Non mi interessano neanche i soldi - conclude - preferirei avere un lavoro stabile e dimenticare tutto».

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