Milano, focolaio di coronavirus nel centro per migranti

Contagiati direttore e 8 ospiti: isolamento per gli infettati e sanificazione. Trasferite 17 persone per ridurre le presenze

Il centro migranti di via Aquila a Milano

Il centro migranti di via Aquila a Milano

Milano, 30 marzo 2020 - Il coronavirus è entrato anche nel centro d’accoglienza per migranti di via Aquila 11, creando un piccolo focolaio: In nove sono stati contagiati, anche se per fortuna nessuna delle persone con tampone positivo avrebbe mostrato al momento sintomi particolarmente preoccupanti.

L’allarme è scattato nei giorni scorsi, quando, secondo quanto risulta al Giorno, sono emersi i primi casi nell’ex Cara, che si trova proprio dietro lo stabile demaniale di via Corelli che si trasformerà in futuro in un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr). Il contagio ha coinvolto alcuni ospiti di varie nazionalità: in otto sono risultati positivi al test naso-faringeo per individuare il Covid-19; in quattro sono stati posti in regime di sorveglianza sanitaria, mentre altri quattro sono stati spostati in un’altra struttura per la quarantena. Tra gli infettati c’è pure il direttore della struttura, gestita dalla francese Gepsa, che si trova attualmente in isolamento domiciliare, a lavoro in smart working (rimpiazzato sul campo dal vice responsabile). Per l’intera durata dell’emergenza, che ora sembra rientrata, i vertici del centro sono stati in costante contatto con la Prefettura, che li ha supportati con la pianificazione di sopralluoghi del medico dell’Ats metropolitana che partecipa al Centro di coordinamento soccorsi (attivato a inizio marzo a Palazzo Diotti per gestire le attività legate all’emergenza coronavirus). Tutti i locali in cui erano ospitati i contagiati e gli spazi comuni sono stati immediatamente sanificati, come prevedono le procedure di sicurezza dettate dal Ministero della Salute.

Inoltre, per ridurre il numero di presenze all’interno del centro (che ha una capienza massima di 270 posti) e favorire il maggior distanziamento possibile tra operatori e ospiti, 17 migranti sono stati distribuiti in altre strutture del territorio. Come da misure standard, è stato infine fatto uno screening delle persone che più di altre sono entrate in contatto con i positivi al coronavirus, per individuare altri eventuali ospiti da isolare (anche se asintomatici). L’emersione del focolaio ha fatto nuovamente subito scattare l’allerta sull’eventuale diffusione del contagio nei centri che accolgono ancora decine di richiedenti asilo. Sì, perché poco più di due settimane fa c’era già stato un altro caso, in una struttura di via Fantoli. In quell’occasione, un ospite del centro aveva accusato sintomi compatibili con il Covid-19: il tampone aveva confermato i sospetti della prima ora, e il migrante infettato era stato trasferito nell’ospedale militare di Baggio per essere posto in quarantena, sotto stretto controllo dei medici dell’Esercito. Come nel caso di via Aquila, tutti i locali che frequentava abitualmente l’infettato, a cominciare dagli spazi comuni della struttura d’accoglienza in zona Mecenate, erano stati sottoposti a immediata sanificazione da parte della onlus che gestisce il centro. Inoltre, era stato subito individuato un altro centro dove spostare la metà dei migranti (80 su 160).  

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