Coronavirus, calcio dilettanti: "Regole e nessun contagio, perché ci fermate?"

Sconcerto delle società: la cosa più brutta? Il pianto dei bambini al telefono quando abbiamo dato la notizia

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di Annamaria Lazzari

Sconforto e rabbia nella galassia del calcio dilettantistico, dopo lo stop a tutte le attività fino al 6 novembre deciso dalla Regione. Per le società giovanili e dilettantistiche che interpelliamo, l’ordinanza regionale di venerdì, che ha congelato sia i campionati sportivi di carattere regionale (per calcio, pallavolo, basket e innumerevoli altri sport) che tutti gli allenamenti, è una vera "batosta". Economica per i conti delle società, in affanno dopo gli incassi azzerati dal lockdown, ma anche sociale per gli iscritti, soprattutto i più giovani. Franco Spatola, presidente della storica Unione Sportiva Visconti 1947, parla dei "pericoli della strada" a cui saranno esposti i ragazzi che non potranno più allenarsi col pallone. Nel campo di calcio di via delle Forze Armate si recano 400 giocatori, dai 16 anni a 35 anni, per un totale di 21 squadre: le metà sono donne. Fra loro anche adolescenti difficili delle periferie che Spatola, poliziotto in pensione con il pallino della legalità, finora è riuscito a tenere sotto la sua ala. "E adesso dove finiranno?" si chiede.

Le preoccupazioni per lui, come per molti suoi colleghi, sono anche di natura economica: "Abbiamo riaperto solo a settembre, dopo aver chiuso dal 23 febbraio, investendo circa 25mila euro per riammodernare la struttura e adattarci al protocollo anti-Covid, misurazione della temperatura all’ingresso, il distanziamento, l’uso delle mascherine quando non si fa attività fisica, la sanificazione continua e più volte al giorno, la presenza di gel igienizzanti. I campi di calcio regolamentati sono dei luoghi sicuri tanto è vero che non abbiamo avuto alcun contagio. I ragazzi adesso giocheranno a calcio nei parchi, senza alcun protocollo. Non è forse più pericoloso?". Ragionamento che condivide Cristian Grieco, responsabile del settore giovanile del centro sportivo La Spezia Calcio, con 18 squadre e 250 iscritti, da 5 anni a 40 anni, tutti maschi. Anche fra i giocatori di viale Famagosta non si è verificato alcun caso Covid.

"Questo weekend erano previste le partite degli esordienti e le amichevoli per i bambini fra i 5 e 8 anni. A parte la frustrazione per l’impegno inutile nell’organizzazione dei match, la cosa che mi ha fatto soffrire è stato sentire il pianto dei nostri piccoli giocatori al telefono, quando hanno saputo che era saltato tutto", spiega Grieco. "L’ordinanza è irragionevole. L’attività all’aperto è meno pericolosa rispetto a quelle al chiuso. Perché impedire le attività outdoor e consentire quelle di palestre e piscine? C’è una disparità di trattamento che a noi risulta incomprensibile. Senza contare che questo provvedimento avrà un impatto devastante sulla socialità dei ragazzi che, d’ora in avanti, sarà "disorganizzata", fra giardinetti o centri commerciali. Oppure assente, in casa". aggiunge Adriano Girotto, che è sia presidente del gruppo sportivo Villa in zona Greco (con 22 squadre e 400 giocatori, dai 5 a 25 anni, anche bambine) che membro del comitato concessionari sportivi milanesi. Casi Covid nella sua società? Zero. "Non sono le società di calcio ad aver provocato il rialzo dei contagi", afferma. Antonio Iannetta, dirigente Uisp (Unione italiana Sport per Tutti) di Milano, che rappresenta oltre 450 associazioni sportive dilettantistiche di tutte le discipline, lancia una proposta: "L’atteggiamento prudenziale nei confronti delle gare, dove è previsto lo spostamento degli atleti sul territorio, ha una sua ratio. Suggeriamo di riaprire al più presto un tavolo di discussione per salvare almeno gli allenamenti. L’attività sportiva, seguendo il protocollo anti-Covid e senza prevedere il contatto, deve poter essere garantita perché svolge una funzione anche sociale e di tutela della salute".

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