Coppia dell'acido, Cassazione: sì ad adottabilità del figlio / VIDEO

Respinti anche i ricorsi dei nonni che si proponevano come adottanti. Il legale di Martina: "Faremo ricorso alla corte Europea"

Martina Levato

Martina Levato

Milano, 19 gennaio 2018 - La Cassazione ha confermato l'adottabilità del bambino nato dalla relazione tra Martina Levato e Alexander Boettcher, i due giovani accusati di essere i responsabili delle aggressioni all'acido messe a segno a Milano. La Suprema Corte ha respinto anche i ricorsi dei nonni del bambino che si proponevano come adottanti

Lo ha deciso la prima sezione civile, ha rigettato tutti i ricorsi presentati dai genitori e dai nonni del bambino, nato il 15 agosto 2015, contro la sentenza con cui i giudici d'appello di Milano avevano dichiarato lo stato di adottabilità del piccolo. Nell'udienza svolta lo scorso 30 novembre, invece, il sostituto pg della Suprema Corte aveva chiesto che il bambino venisse affidato ai nonni materni sottolineando come i genitori di Martina Levato avessero tutte le carte in regola per ottenere l'affidamento del nipote. "I figli non si tolgono nemmeno a mafiosi perché ogni bambino ha diritto a crescere nella famiglia dove è nato", erano state le parole del magistrato che però non hanno convinto i giudici. La Cassazione ha stabilito che il figlio della "coppia dell'acido" debba essere adottato da una famiglia esterna soprattutto alla luce della "lunga detenzione" che i suoi genitori sono costretti ad affrontare: Martina dovrà infatti scontare un totale di 20 anni di carcere, mentre il suo ex amante Boettcher ha per il momento accumulato condanne complessive pari a 37 anni di reclusione. Nella sentenza di 13 pagine la prima sezione civile, presieduta da Francesco Tirelli, spiega che è «infondata» la tesi della difesa di Martina Levato che sosteneva «di essere vittima di accanimento nei suoi confronti», manche perché le è stato negato di essere presente nell'udienza di discussione. La Cassazione valorizza, poi, la «giurisprudenza di questa Corte, nella quale è acquisito il principio secondo cui la prioritaria esigenza del figlio di vivere nell'ambito della propria famiglia di origine può essere sacrificata in presenza di pregiudizio grave e non transeunte per un equilibrato e armonioso sviluppo della sua personalità». Principi, secondo i giudici, rispettati dalla sentenza d'appello che ha confermato l'adottabilità e che ha valutato «sia i gravissimi comportamenti delittuosi posti in essere dalla Levato, con in grembo il piccolo» sia «le anomalie del carattere e della personalità della madre (oltre che del padre), sebbene non integranti patologie psichiatriche definite». E lei, così come lui, non può «garantire al bambino uno sviluppo psicofisico sereno ed equilibrato negli anni più delicati per la sua crescita». La Corte sottolinea anche che i giudici di secondo grado hanno «riconosciuto che è in atto un percorso terapeutico» per Levato «che potrebbe condurla 'in futuro' ad una maturazione della propria personalità», ma i tempi «di attesa di questa auspicabile evoluzione non sono compatibili con le pressanti esigenze di un bambino dell'età» del piccolo, dichiarato adottabile. Lo stato detentivo «di lunga durata» di Boettcher e Levato costituisce, poi, una «causa di forza maggiore» che impedisce «un adeguato svolgimento delle funzioni genitoriali». Per i giudici, infine, né la nonna paterna né i nonni materni sono idonei ad occuparsi del bimbo, come accertato già dai «giudici di merito». I genitori di Martina, infatti, segnala la Corte, hanno dimostrato, ad esempio, «una significativa fragilità emotiva di tipo narcisistico»

Un verdetto che Martina ha accolto "con grande delusione", ha riferito il suo legale, l'avvocato Laura Cossar, che preannuncia un ricorso davanti alla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo: "Non ci arrendiamo - è la sua parola d'ordine - e siamo pronti ad andare a Strasburgo". Il legale spiega "di avere sperato almeno nell'affidamento ai nonni, se non a Martina".

 

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