Coppia dell'acido, quanti sogni: "Col bimbo a sciare, a casa o al mare"

La prima relazione del Comune sugli incontri in carcere con il figlio di MARINELLA ROSSI

Martina Levato e Alex Boettcher

Martina Levato e Alex Boettcher

Milano, 26 novembre 2015 - La posta è alta, un bimbo dal nome di un semidio. Martina sussurra e ne scandisce, con tenerezza, lettera per lettera. E che il suo eroe, non porti - come dice lei - «un nome di origine romana perché ricorda una personalità forte...», ma quello del mito greco dell’Iliade, è un dettaglio specioso (al liceo classico Parini che frequentò con profitto, certo dispiacendo). Su ruttini, versetti, vagiti, gli occhi di lei - ragazza delle esecuzioni all’acido buttato sulle facce degli ex flirt - si illuminano, brillano, si bagnano, si spengono nella tristezza di ogni distacco. La posta è suo figlio, che per via dei raid al solforico ha perso, e il rischio è che sia per sempre. 

Così si combatte una battaglia di posizione, da San Vittore. Che il bimbo beva il suo latte di madre, da lei raccolto diligentemente ogni tre ore, «per sentirsi unita e utile a lui». Che il bimbo faccia sempre un bel bagnetto, nelle curiosità di lui, il padre, Alexander, l’altro dell’acido: «Mi immaginavo tutto diverso... la mamma che lo allattava... io che me lo spupazzavo e ci giocavo e i nonni che stanno un po’ con lui... la domenica... d’estate. E invece altri stanno con lui». Altri. Una comunità dei servizi sociali. Le occasioni di incontro, stabilite dal tribunale per i minori e che una prima relazione del Comune dettaglia fermandosi per ora al primo ottobre, sono qui, in una stanza colloqui del braccio femminile: due poltrone blu, un tavolino, un divano arancione, uno scaffale per appoggiare lo scalda-biberon, la finestra da cui provengono i rumori del cortile del carcere. Qui Martina Levato e Alexander Boettcher vedono separatamente, ogni lunedì, il figlio nato il 15 agosto e da cui sarebbe anche nata l’esigenza di «risolvere» i vecchi amori, con l’acido. Qui si proseguirà oltre novembre e dicembre: il tribunale ha appena disposto una consulenza tecnica d’ufficio, che valuti se i genitori, o i nonni, hanno chance sull’affidamento, o si debba andare all’adozione a terzi, per il bene del piccolo.

A sentire Alex “the king”, e le sue apparenti certezze, presto lui potrà occuparsi del bimbo, «in quanto dai miei studi, in pochi anni otterrò la scarcerazione». «Ho sempre pensato di avere un figlio. Ho vissuto dieci anni con una donna ma non mi sentivo pronto (l’ex moglie, da cui si è separato in aprile, ndr). Poi quando Martina, dopo un anno che stavamo assieme, mi ha detto che con me avrebbe fatto 3 o 4 figli, allora ho detto sì.. l’ho voluto tanto. E ora che mi sentivo pronto, è finito così». Pensare - dice riferendosi a recenti fatti di cronaca - che «sempre con l’acido, a una donna le hanno lasciato il figlio e il padre lo va a trovare 2 ore al giorno». A loro non è andata così: «Lo sogno, lo penso nel futuro, quando avrà 4 anni, con Martina ogni giorno ci scriviamo raccontandoci cosa abbiamo immaginato del piccolo... Ora siamo a sciare, ora insieme a casa, ora al mare».

E poi ci sono i nonni, materni e paterni, e la stessa volontà di ottenere il piccolo. «Siamo una famiglia completa» difende il suo nucleo la mamma di Martina, Maria Rosa Gualtieri, assorbendo nel suo commento il silenzio del marito, Vincenzo Levato, insegnante come lei di matematica, uomo che si dice di «origini semplici, decorose», di affetti profondi. E «ricordati che la tua è una brava mamma», suggerisce a ogni saluto al nipote, nonna Levato. Ma come loro figlia «ben voluta e amata da tutti, che non pretendeva nulla», che dal triennio in Cattolica salta alla magistrale in marketing in Bocconi («I nostri sacrifici sono stati vanificati»), finisce in strada a sfregiare facce, resta nel cono d’ombra dell’incomunicabilità familiare: colloqui «piuttosto difficoltosi» - riferiscono gli psicologi -, si tende «a rimuovere eventuali nodi della relazione e quanto accaduto, preferendo concentrarsi sul ruolo della figlia, ora divenuta madre». La posta è il bimbo, il piccolo semidio greco. Per tutti, certo per Patrizia Ravasi, madre di Alexander: lei dà secca e «piena disponibilità a occuparsi del nipotino, anche a scapito del rapporto con il figlio» che, «comunque, non abbandonerà mai». Il suo «principino»: «Mio nipote è l’unica fonte di speranza, farò di tutto per averlo e assicuragli una vita tranquilla». 

Loquace, la nonna paterna, eppure anche lei sfuma «sui nodi dell’adolescenza» di Alex (dopo la separazione dal marito tedesco e il ritorno in Italia, il ragazzo vede il padre una volta all’anno), su un oscuro tentato suicidio del ragazzo ai tempi del Leone Tredicesimo, il trasferimento al privato Tumminelli, gli studi interrotti per un diploma di controllore di volo e per curare gli interessi immobiliari di famiglia. E la metamorfosi di Martina, da «ragazza solare» a gomitolo aggrovigliato, secondo i genitori, è dell’aprile 2014. È con la comparsa dell’«amministratore delegato», Boettcher: che lavorava «per escludere tutti dalla vita di Martina, prima i genitori e poi gli amici». E quando il 26 dicembre lui, a cena dai Levato, alluderà: «E se diventaste nonni? Se Martina lasciasse l’università?», loro mica capiscono che la figlia aspetta un figlio. Glielo dirà un avvocato d’ufficio, subito dopo l’arresto di Martina, in un freddo 29 dicembre di rivelazioni.

di MARINELLA ROSSI

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