Case 'minime', la Milano del passato che resiste

Costruite dal Comune negli anni Cinquanta per gli sfollati, sono gestite da MM che assicura: "Nessun abbattimento"

Il complesso di via Civitavecchia a Crescenzago

Il complesso di via Civitavecchia a Crescenzago

Milano, 23 aprile 2019 - Sono abitazioni «fuori schema» per Milano. Quasi un piccolo “ufo” nell’architettura urbana di periferia, puntellata dai palazzoni grigi: una visione inaspettata ma gradita in alcune vie nascoste fra Lorenteggio, Corvetto e Crescenzago. Parliamo di “case minime”, quelle costruite all’inizio degli anni Cinquanta seguendo un preciso schema abitativo: la casa a schiera disposta su due piani. Da non confondersi con altre “case minime”, realizzate negli anni Trenta a Baggio, Bruzzano, via Zama e Vialba: una vecchia edizione della guida del Touring le definiva «vergognose» ma da tempo sono state abbattute. Le case del Dopoguerra sono invece vive, vegete e dignitosissime. Furono volute dall’Amministrazione di allora per dare un tetto alle famiglie di sfollati che avevano perso tutto durante i bombardamenti aerei. Oggi sono parte del patrimonio residenziale pubblico del Comune, alloggi popolari gestiti da Mm.

Ci aiuta a ricostruire la loro storia Maria Antonietta Breda, assegnista di ricerca di Architettura al Politecnico di Milano, che le ha descritte ampiamente ne «La tua casa», atlante del patrimonio comunale di edilizia residenziale a cura di Mm, di cui è stato appena presentato il terzo volume. «Per avere un’idea della grave situazione relativa alla mancanza di alloggi dopo la guerra è sufficiente guardare alle statistiche d’epoca che indicavano come distrutti o danneggiati a Milano 70mila alloggi», dichiara l’architetto. Per questo fu inaugurato un programma comunale di costruzione di nuove abitazioni popolari. Perché le “case minime” sono così speciali? Perché il tipo edilizio prescelto fu la casa unifamiliare a schiera, progettato dell’Ufficio Tecnico Comunale, in particolare dall’architetto Arrigo Arrighetti.

Al Quartiere Lorenteggio Casette, a partire dal 1952 furono realizzati 223 alloggi distribuiti in 19 schiere fra le vie Cascina Corba, dei Gigli, degli Oleandri e delle Ortensie, al Villaggio dei Fiori: «Le case a schiera sono disposte su due piani. Le dimensioni planimetriche sono di 8,4 metri di profondità e 4 metri di larghezza», dice l’esperta. Il piano terra è la zona giorno, con ingresso, piccola cucina, bagno e soggiorno; al piano superiore ci sono due camere da letto. Ogni casa ha un giardino nel retro. La storia delle casette a Lorenteggio rischiò di interrompersi agli inizi degli anni Novanta, quando venne fuori il progetto di buttarle giù per costruire condomini a sei piani. Ma l’agguerrito Comitato Inquilini Villaggio dei Fiori si oppose e vinse la battaglia dopo dieci anni. Una storia che si è replicata più tardi anche al Quartiere Barzoni Casette, progetto sempre dell’architetto Arrighetti e realizzato nel 1952. In via Barzoni, a Corvetto, sorgono 60 case alte due piani, ripartite in sei schiere di dieci case ognuna, con il giardino di pertinenza che si estende davanti. Nel 2008 il villaggio a schiera, allora gestito da Aler, doveva essere abbattuto per lasciare spazio a un complesso da 120 appartamenti. Alla fine, sull’appetito edilizio, ebbe la meglio l’opposizione degli inquilini. Sono del 1953 i 117 appartamenti del quartiere Palmanova Casette. Fra via Civitavecchia e altre vie limitrofe sorgono 9 edifici a schiera, sempre la solita distribuzione di zona giorno e notte su due piani.

Qual è il futuro delle «case minime»? «Nella nostra programmazione non è previsto alcun abbattimento», assicura Maurizio Bellani, responsabile dei rapporti coi comitati di quartiere di Mm. «Molte abitazioni sono state ristrutturate. Le assegnazioni ai nuovi inquilini sono già cominciate e proseguiranno nei prossimi mesi».

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