Detenuto in cella col coltello. E il modello Bollate vacilla

Il sindacato denuncia. Il direttore: «Caso isolato»

Il carcere di Bollate

Il carcere di Bollate

Milano, 26 maggio 2017 - Dieci giorni fa aveva aggredito un agente di polizia penitenziaria, lo aveva colpito con una testata al viso. Il movente? Non voleva rientrare in cella. Sottoposto a provvedimento disciplinare e trasferito nel reparto di isolamento, ieri pomeriggio nella sua cella sono stati ritrovati un coltello da cucina e tre chiavette Usb, oggetti detenuti illegalmente. Ancora una volta è il Sappe, il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, a denunciare quello che succede nella seconda casa di reclusione di Milano-Bollate.

Il sindacato maggiormente rappresentativo rivendica il diritto alla trasparenza, «perché non abbiamo nulla da nascondere», il rispetto delle regole e soprattutto condizioni di sicurezza per gli agenti e gli altri detenuti. «Quel detenuto marocchino che sta scontando una pena di 9 anni e 4 mesi per violenza sessuale e che avrebbe denunciato presunti abusi da lui subìti da parte degli agenti della polizia penitenziaria in altri istituti di pena, a mio avviso non dovrebbe stare a Bollate - dichiara il segretario generale Donato Capece - Nascondeva nella sua cella un coltello da cucina, lungo e sottile, solitamente usato per sfilettare il pesce, e ben tre chiavette Usb, tutti oggetti vietati. Come mai erano lì? Il carcere di Bollate è diventato un porto di mare dove possono entrare tutti».

Il direttore del carcere, Massimo Parisi, stigmatizza l’ultima affermazione del sindacato, spiega che sarà avviata un’indagine per accertare chi ha dato al detenuto il coltello e le chiavette, aggiunge che tutti gli atti su quanto accaduto sono stati inviati alla Procura della Repubblica. Ma soprattutto difende il modello Bollate. «Stiamo parlando di un detenuto problematico al quale, nella logica gestionale del carcere, sono state offerte opportunità di inserimento in alcuni progetti - spiega -. Adesso è in regime di isolamento. Voglio ribadire che il suo è un caso isolato, il reparto nel quale era ristretto, quello di chi ha commesso reati a sfondo sessuale, non ci ha mai dato problemi».

Nel carcere alle porte di Milano, 1.126 detenuti e 370 agenti, le porte delle celle sono aperte delle 8 alle 20, la sorveglianza dinamica dei detenuti e la loro partecipazione a progetti di reinserimento sociale e lavorativo, sono il fiore all’occhiello. Eppure il Sappe parla di «situazione di estremo pericolo» perché «l’utenza non è più selezionata - aggiunge Capece - questi episodi devono far riflettere perché turbano la sicurezza interna: è grave che nella cella del detenuto marocchino siano stati trovati penne Usb e coltelli». Su questo concorda anche Parisi: «Un fatto deplorevole - conclude il direttore - il sindacato evidenzia le difficoltà che ci sono, noi quanto accadono certi episodi ne parliamo con i detenuti, ma il clamore di questi accadimenti non deve inficiare il trattamento avanzato del carcere di Bollate».

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