Camionisti schiavi: al volante fino a 20 ore, controllati anche in bagno. Indagata ditta di trasporti

Imprenditore di Arconate denunciato per "riduzione in schiavitù". I camionisti dovevano dimostrare totale dedizione: pasti consumati al volante e appena sei minuti per andare in bagno, con tanto di "diretta" telefonica. Il pm: violenza privata di Mario Consani

I camionisti erano costretti a turni massacranti: non potevano fermarsi per uno spuntino (archivio)

I camionisti erano costretti a turni massacranti: non potevano fermarsi per uno spuntino (archivio)

Milano, 13 ottobre 2014 - Schiavi di un vero e proprio padrone. Costretti a lavorare tra le 16 e le 20 ore al giorno. Obbligati a non fermarsi nemmeno per mangiare, dovendosi far bastare un panino alla guida. Controllati persino nella sosta per le necessità fisiologiche, da sbrigare al massimo in sei minuti e cellulare alla mano, così che dalla cornetta si potesse sentire il rumore dello sciacquone. Tutto ciò da sopportare se non si voleva rischiare di perdere il posto.

È successo a Milano, Italia. E i lavoratori non sono immigrati stranieri senza documenti, ma cittadini italiani perfettamente consapevoli dei loro teorici diritti. C’è un’inchiesta appena chiusa dalla Procura che ha portato alla luce questo scampolo di schiavismo alle porte della metropoli. Protagonista, stando alle accuse del magistrato, il proprietario di un’impresa di autotrasporti con sede ad Arconate, nell’hinterland. Vittime, almeno otto autisti di camion ex dipendenti della ditta, che hanno messo a verbale i racconti delle giornate-tipo. Uno di loro ha sofferto per un esaurimento nervoso, dopo quell’esperienza. Un altro si è licenziato dopo appena tre giorni. Tutti hanno confermato che per tenersi il camion dovevano mostrare al loro “padrone” dedizione totale. In primo luogo guidando per un tempo ai limiti del sopportabile, fino a sfiorare le 20 ore giornaliere. E naturalmente trovandosi da soli in cabina, costretti a violare la regola che vorrebbe il cambio di autisti alla guida, dopo un certo numero di ore. Secondo l’accusa, le istruzioni erano precise: viaggiare da soli ma con in tasca la tessera magnetica di un collega, in modo che la “scatola nera” del mezzo potesse registrare il finto cambio di autista.

E se finivano in una coda di traffico: avvisare immediatamente la centrale per localizzazione del mezzo e tempi di ritardo. Di potersi fermare per pranzo, nemmeno parlarne. Un panino al volante e via. Il massimo erano le istruzioni per la sosta alla toilette: 6 minuti da non sforare e tenendo il cellulare acceso perché il figlio 30enne del titolare potesse sentire il rumore dello sciacquone.

A scoprire l’andazzo è stata la polizia stradale, che dopo alcuni controlli sui suoi camion, ha denunciato l’imprenditore per “riduzione in schiavitù”. La Procura si è limitata per ora a contestargli la violenza privata ai danni dei lavoratori, oltre all’omissione dolosa di quelle “cautele” che per legge dovrebbero servire ad evitare incidenti sul lavoro. Nel corso dell’indagine, oltre ai racconti degli ex dipendenti vessati, gli inquirenti hanno raccolto anche le testimonianze di alcuni autisti che ancora lavorano per l’imprenditore di Arconate e che, comprensibilmente, hanno per lo più minimizzato.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro