Ex calciatore ucciso: "Al telefono non mi sembrava agitato ma andava verso la morte"

La testimonianza di capitan Fumarola

SANGUE L’auto col corpo e il pm Eugenio Fusco

SANGUE L’auto col corpo e il pm Eugenio Fusco

Milano, 17 dicembre 2017 - «Sono in viale Certosa, se mi rapiscono sai dove sono...». Questo diceva Andrea La Rosa, il giovane direttore sportivo del Brugherio a Domenico Fumarola, mentre stava per incontrare il suo assassino, quel maledetto 14 novembre. Una telefonata di diversi minuti, tra il 35enne sgozzato da Raffaele Rullo e il capitano della squadra. L’ultima telefonata. «Mi ha detto "mi trovo davanti al Mc Donald’s, devo fare una operazione, poi ti spiego...” – racconta il giovane giocatore del Brugherio -. Io mi sono fatto i fatti miei, mai mi sarei aspettato un epilogo di questo genere, è assurdo». Eppure il colloquio tra i due era partito in maniera completamente diversa, poco dopo la presentazione del nuovo mister, avvenuta nella  sede della società: «Mi ha chiamato Andrea – spiega Fumarola, leader e punto di riferimento dello spogliatoio, con cui il direttore sportivo aveva un ottimo rapporto -, abbiamo iniziato a parlare di calcio, del nuovo allenatore, di cose di campo».

Mano a mano che con la sua auto si avvicinava all’appuntamento con Raffaele Rullo, però, La Rosa iniziava a inserire altre frasi, altri discorsi: «Sono in viale Certosa, mi ha detto, se mi rapiscono sai dove sono – continua  il giocatore –, poi ancora mi ha detto, dove cazzo mi stanno portando questi? Io l’ho presa come uno scherzo, Andrea era uno che non mancava di fare battute». In questo caso, non lo era. Era un tentativo di dare delle coordinate, di creare degli appigli, di lanciare dei segnali. Perché La Rosa temeva quell’appuntamento con il suo creditore, assolutamente non intenzionato a saldare il suo debito. Anzi. «Io non ho percepito chissà quale preoccupazione dalle sue parole – dice Fumarola, che ovviamente non c’entra nulla con quanto successo dopo – anche perché non sapevo che prestasse soldi in giro. Io lo conosco da questa stagione e il nostro rapporto si limitava alle faccende relative alla squadra».

Come quando, compare nelle carte, il direttore sportivo consegna 350 euro proprio al capitano, «ma non era certo un prestito! -  dichiara il giovane giocatore – erano soldi raccolti dalla squadra, per comprare delle cose, che avevo consegnato al direttore sportivo. Lui non era riuscito a portare a termine l’acquisto, allora me li aveva dati indietro. Cose normali di spogliatoio». Uno spogliatoio che adesso è scosso, smarrito: «L’umore è pessimo – sottolinea il capitano -. Siamo tutti senza parole, increduli, sconfortati. Il primo pensiero va ai genitori». Oggi il Brugherio cercherà di vincere per ricordare il suo ormai ex direttore sportivo, finito in un giro più grande di lui, lontano da ciò che più amava, il calcio: «Faremo un minuto di silenzio e cercheremo di vincere, sul campo della Casatese Rogoredo», assicura capitan Fumarola.

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