A piedi nudi nel deserto dell’eroina: in via Orwell si continua a morire

Trovato cadavere un italiano sui 30 anni. Vertice in Comune sull’area

SUL POSTO L’intervento dei carabinieri in via Orwell

SUL POSTO L’intervento dei carabinieri in via Orwell

Milano, 23 gennaio 2018 - A piedi nudi sulla spianata. Circondato da una cinquantina di persone, che già a quell’ora erano in fila per la dose mattutina. Le scarpe sono state ritrovate a poche decine di metri, dietro un cespuglio: forse qualcuno gliele ha sfilate dai piedi nella notte, ma appena si è accorto che erano lerce e bucate le ha gettate a terra. Un altro cadavere da overdose in via Orwell. Un’altra croce piantata nella nuova piazza di spaccio di Rogoredo, a due passi dai binari dell’Alta velocità: lì i pusher di eroina, e a seguire i tossicodipendenti che da loro si riforniscono, si sono spostati dopo i blitz in serie al boschetto di via Sant’Arialdo.

La chiamata al 118 arriva poco prima delle 9 di ieri. Quando l’ambulanza giunge all’imbocco del budello di sterrato che passa tra un cancello e un deposito ferroviario, trova una gazzella del Nucleo Radiomobile: i carabinieri stanno identificando e denunciando un ragazzo che se ne andava in giro con una bici del bike sharing rubata. Così soccorritori e militari si inoltrano insieme nella radura per cercare il corpo segnalato al telefono da una voce anonima. È un giovane di origine nordafricana a far loro strada: «Aiutatelo, è ancora vivo...», si sbraccia. E invece no: stando ai primi rilievi, il trentenne sarebbe morto una decina di ore prima del rinvenimento, quindi nella tarda serata di domenica. Attorno a lui gli schiavi della «nera»: decine di fantasmi, irrigiditi dal freddo e inebetiti dall’ennesima siringa in vena, come un esercito di anime perse che vagano senza una meta. Il solito tappeto di siringhe sporche di sangue e pipette per fumare la droga. Nessuno ha visto nulla. Nessuno sa dare indicazioni utili all’identificazione. Degli spacciatori nemmeno l’ombra, sono spariti al di là della recinzione che adoperano ogni giorno per proteggersi dai periodici controlli di polizia.

L’uomo non aveva addosso documenti e neppure qualche tessera di mense o dormitori che possa aiutare a dargli un nome e un cognome. È il primo morto da eroina del 2018 a Milano. E si aggiunge alla drammatica serie dell’anno appena trascorso. Prima un 52enne trovato il 21 febbraio con la schiena appoggiata a un muro di via Orwell. Poi il 39enne deceduto il 21 giugno in un albergo di via Toffetti. E ancora: Paolo G., 48 anni, soccorso in gravissime condizioni nei pressi del boschetto e morto poco dopo il ricovero al Monzino; e poi un altro 48enne ritrovato cadavere in zona Quarto Oggiaro. «La questione della tossicodipendenza – ragiona l’assessore alla Sicurezza Carmela Rozza – non si può risolvere per via securitaria, anche perché le forze dell’ordine non possono fare nulla al consumatore. Esiste un’offerta perché esiste una domanda, e per questo c’è un tema importantissimo che riguarda il recupero e la prevenzione che sono necessari per togliere benzina allo spaccio». Inoltre, Rozza fa sapere che a fine mese incontrerà il collega di Giunta Pierfrancesco Maran, delegato all’Urbanistica, «per ragionare insieme su come è possibile dare una funzione all’area di via Orwell». Sul modello del boschetto, affidato a Italia Nostra.

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