Brega e l’ergastolo confermato: "Tesi difensive francamente penose"

Santa Rita, ecco perché il chirurgo non ha convinto i giudici d’appello

Pier Paolo Brega Massone

Pier Paolo Brega Massone

Milano, 18 giugno 2016 - "Non ero un serial killer", aveva ripetuto all’ultimo davanti ai giudici. Ma per la Corte d’assise d’appello - che nel dicembre scorso ha confermato nei suoi confronti la pena dell’ergastolo - il giudizio sull’ex chirurgo della clinica Santa Rita, Pier Paolo Brega Massone, è pesantissimo. Imputato di quattro omicidi per aver operato inutilmente (solo per denaro e carriera) quattro pazienti anziani provocandone, di fatto, la morte, per i giudici d’appello Brega ha sostenuto tesi difensive "francamente penose" e avrebbe agito con "una macroscopica deviazione dalle regole di ordinaria prudenza". Nelle oltre 400 pagine di motivazioni depositate nei giorni scorsi dal presidente Sergio Silocchi, la Corte spiega di aver negato al medico anche le attenuanti generiche "a causa della sistematicità delle sue condotte gravemente lesive dei pazienti affidatigli, per avere poi cercato di fuorviare le indagini nei suoi confronti, per l’assenza di elementi positivamente valutabili nel comportamento processuale, per la finalità di lucro cui era orientata l’attività risultata omicida".

Riduzione della pena dai 30 anni del primo grado a 25 anni, invece, per l’ex braccio destro di Brega Massone, il chirurgo Fabio Presicci, in virtù di una lunga serie di prescrizioni relative ad episodi di lesioni. L’assoluzione per un medico dell’équipe, Marco Pansera, condannato in primo grado a 26 anni e 2 mesi di carcere, difeso dall’avvocato Luigi Isolabella, oltre che alle prescrizioni per le imputazioni minori è dovuta all’assoluzione per l’unico omicidio che gli era stato imputato, dal momento che la Corte "ritiene che non sia provato, al di là del dubbio ragionevole, il dolo della condotta contestatogli". Nell’aprile 2014, in primo grado, a Brega Massone - cui sono già stati inflitti in via definitiva 15 anni e mezzo di carcere per truffa e per un’ottantina casi di lesioni nel primo filone processuale scaturito dall’inchiesta dei pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano - era stato condannato al carcere a vita con isolamento diurno per 3 anni (ora ridotti a un anno e sei mesi).

L’ex primario avrebbe ucciso - operandoli inutilmente e sapendo bene il rischio cui li sottoponeva - Giuseppina Vailati, 82 anni, Maria Luisa Scocchetti, 65 anni, Gustavo Dalto, 89 anni, e Antonio Schiavo, 85 anni. Tutti anziani portati, secondo l’accusa, in sala operatoria senza alcuna giustificazione clinica, per interventi effettuati al solo fine di monetizzare i rimborsi del sistema sanitario nazionale per la clinica convenzionata. Presicci è stato condannato per la morte di Schiavo e Vailati. Mentre a Pansera, che lavorò nell’equipe di Brega per un breve periodo, era stato contestato solo il decesso di Scocchetti.

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