Ex clinica Santa Rita, Brega Massone: "Agivo per il bene dei pazienti, non per soldi"

"Il fattore economico non mi ha mai interessato: ho sempre cercato di agire per il bene dei miei pazienti", così ha spiegato la sua posizione l'ex primario della "clinica degli orrori", Brega Massone, condannato il primo grado all'ergastolo per la morte di quattro pazienti

Brega Massone

Brega Massone

Milano, 5 novembre 2015 - Al processo d'appello sul caso della cosiddetta "Clinica degli orrori" l'ex primario di chirurgia toracica della casa di cura Santa Rita di Milano Pier Paolo Brega Massone ha rilasciato dichiarazioni spontanee: «Il fattore economico non mi ha mai interessato: ho sempre cercato di agire per il bene dei miei pazienti. Ho sempre trattato tutti i miei pazienti esattamente nello stesso modo - ha proseguito - cercavo di non arrendermi mai e di fare qualcosa per loro».

In aula era presente anche la moglie di Brega Massone che, seduta vicino a uno dei legali dell’uomo, si è commossa ascoltando le parole del marito. Il 9 aprile 2014 Brega Massone - a cui sono già stati inflitti in via definitiva 15 anni e mezzo di carcere per truffa e per una ottantina di casi di lesioni nel primo filone processuale sulla cosiddetta ‘clinica degli orrori' - era stato condannato all’ergastolo con isolamento diurno per 3 anni. Per i giudici di primo grado l’ex primario uccise quattro pazienti: Giuseppina Vailati, 82 anni, Maria Luisa Scocchetti, 65 anni, Gustavo Dalto, 89 anni, e Antonio Schiavo, 85 anni. In primo grado erano stati condannati anche Fabio Presicci e Marco Pansera, i due chirurghi che facevano parte dell’equipe di Brega, rispettivamente a 30 anni e a 26 anni e 2 mesi di carcere e altri quattro imputati, tra cui due anestesisti, a pene comprese tra un anno e 2 mesi e due anni e tre mesi.

Nel processo d’appello, il sostituto pg di Milano Massimo Alfredo Gaballo ha chiesto la conferma dell’ergastolo per Brega Massone, una riduzione della pena per Presicci e l’assoluzione per Pansera. Brega Massone ha spiegato in aula di essersi avvicinato alla professione anche «a causa dell’influenza di mio padre medico» e di aver scelto la chirurgia toracica perché «era la specializzazione che più mi piaceva. Fino da quando avevo 13 o 14 anni ho fatto volontariato e avuto modo, quindi, di prendere una certa confidenza con l'ammalato, cominciando a capire che forse era quello che volevo fare. A inizio carriera ho fatto 400 interventi in cinque anni - ha proseguito l’ex primario - di giorno di occupavo dei malati e la sera una volta rientrato a casa scrivevo lavori scientifici».

Ha spiegato inoltre di aver sempre avuto «un rapporto diretto con i pazienti» cercando di «accontentarli» e visitandoli, se necessario, «anche la domenica o il sabato». «Ho dedicato tutto all’attività medica e ho messo da parte la famiglia: ora mi accorgo che è molto importante, perché solo la famiglia mi è stata vicino». Così ha detto Brega Massone: «Ho cercato di essere il più preparato possibile - ha proseguito - mi sono impegnato allo spasmo solo per la professione». Alla clinica Santa Rita "noi abbiamo sempre trattato tutti i pazienti allo stesso modo", ha precisato il medico, che prima di ricoprire il ruolo di primario di chirurgia toracica nell'istituto privato ha lavorato all'Istituto dei Tumori. "Ho fatto le stesse cose sia all'Istituto dei Tumori che alla clinica Santa Rita", ha aggiunto, stupendosi nel "vedere contestati dalla Procura alcuni casi, mentre altri simili non sono stati nemmeno considerati".

IL COLLEGA - «Mi sono appiattito sulle risposte che mi dava Brega, ho sbagliato e non mi perdonerò mai di non aver verificato se queste risposte fossero corrette». Lo ha spiegato in aula Marco Pansera, medico dell’equipe del chirurgo Pier Paolo Brega Massone. Nelle scorse udienze, il sostituto pg aveva chiesto la sua assoluzione e per Presicci una riduzione della pena. Pansera ha definito Brega Massone come un chirurgo «dalla grande abilità manuale» e ha spiegato di  «non aver mai trovato nessun chirurgo con le stesse capacità e abilità manuali di Brega». Inoltre manifestava «una grande disponibilità verso i pazienti, tanto che lasciava loro il suo numero di cellulare dicendo di chiamarlo se avessero avuto bisogno». «Nel 2007 ho percepito però alcuni segnali che mi hanno portato a mettere in discussione il mio punto di vista su di lui - ha proseguito - perché alcuni interventi chirurgici mi hanno lasciato perplesso» ma si è detto «sicuro» che il chirurgo «non ha mai voluto far correre pericoli di vita ai suoi pazienti». Secondo Pansera, l’ex primario aveva una «ossessione da diagnosi» e «forse ci sono state forzature su alcune indicazioni». Infine, la chiusura del reparto di chirurgia toracica, ha riferito il medico, «ha fatto crollare ai miei occhi la credibilità di Brega».

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro