Sempre più mamme in difficoltà: "Troppi ostacoli per avere il bonus"

L’appello del Cav Mangiagalli: il bisogno cresce tra gli stranieri

Un reparto maternità in ospedale (Newpress)

Un reparto maternità in ospedale (Newpress)

Milanom, 25 maggio 2017 - Il Centro di aiuto alla vita della Mangiagalli ha chiuso nel 2016 il bilancio in positivo «per la prima volta» nei suoi 32 anni di attività. Un attivo di 333.357,16 euro, del tutto dovuto a un’iniziativa dei supermercati Esselunga, che in sei mesi di punti trasformati in donazioni, raddoppiate dall’azienda, ha consegnato in un colpo 612 mila euro. «Ma a giugno saremo già in affanno», avverte la fondatrice Paola Bonzi, «perché il bisogno aumenta».

L’anno scorso il Cav ha preso in carico 1.687 future mamme ma ne ha assistite 2.528 perché «l’aiuto», da quando una donna rinuncia a interrompere la gravidanza, continua finché il nascituro compie un anno. Nel 2016 le utenti hanno partorito 1.098 bambini, che portano a 20.323 il totale dei nati da quando il centro è stato aperto nel 1984. Bonzi parla al terzo piano, scala B della clinica di via della Commenda - «La più grande maternità di Milano, dove si portano avanti gravidanze complesse ma anche il primo ospedale ad aprire un ambulatorio per la 194» -, nella stanza storica dove ha il primo colloquio con le donne «mandate su» dai medici dopo aver chiesto di abortire. «Hanno problemi, ma è sempre un incontro con una persona». Sostiene che «otto su dieci», dopo, decidono di avere il bambino. La metà di coinvolgere il padre nei colloqui successivi. «Non faccio pressioni, è la donna che decide - chiarisce Bonzi -. Il mio compito è ascoltare, creare una relazione di aiuto, non solo materiale ma anche “psicosociale”, per consentirle di vivere serenamente la gravidanza e il primo anno, in modo che poi possa essere autonoma. Non vogliamo creare delle eterne assistite».

Negli anni, le donne che salgono sono cambiate. Oggi le motivazioni di chi medita d’interrompere una gravidanza sono spesso economiche. «C’è chi resta senza lavoro perché l’azienda ha chiuso. C’è la badante che se non abortisce perde vitto e alloggio oltre allo stipendio. La povertà a Milano è in costante aumento, il bisogno riguarda soprattutto gli stranieri». L’associazione, dal Duemila, ha anche un consultorio familiare accreditato dalla Regione al 37 di via della Commenda. I rimborsi dell’Ats coprono un terzo del bilancio annuale, pari a un milione e mezzo di euro. «Vuol dire - chiarisce Bonzi - che dobbiamo raccogliere un milione l’anno». Fa appello ai milanesi per l’otto per mille, alle aziende soprattutto per i pannolini: i bambini che li ricevono dal Cav negli ultimi tre anni sono aumentati di un terzo, da 1.428 nel 2013 a 2.196 nel 2016. Le famiglie beneficiarie di sussidio (fino a 200-250 euro al mese) sono passate da 250 a 349, portando le erogazioni da 224.713 a 263.782 euro, cui si aggiungono gli aiuti in beni materiali, cresciuti in valore da 137.405 a 153.212 euro. Gli aiuti «sono personalizzati»: pannolini, corredo, passeggini, ma per chi è più in difficoltà anche generi alimentari distribuiti nel magazzino di via Valsugana o via spesa on line, fino alla casa in affitto «in alcuni casi di particolare disagio».

Non sono gli unici aiuti che può chiedere una neomamma: «Il più sostanzioso è il bonus bebè dell’ex governo Renzi, poi ci sono gli assegni del Comune, il bonus alimentare... Piccole cose ma utili, per chi non ha niente. Però troppo macchinose, in particolare il bonus famiglia della Regione», dice Bonzi, che fu tra le promotrici del predecessore Nasko. «Le condizioni sono tantissime, e a Milano noi, un consultorio privato, siamo stati gli unici a fare i colloqui di vulnerabilità, 2.800. E abbiamo 62 volontari attivi, insufficienti per un servizio aperto cinque giorni a settimana dalle 9 alle 18». Così la fondatrice del Cav chiede a chi vuol darlo anche tempo: ore di volontariato in segreteria, a raccogliere fondi. E a distribuire pannolini.

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