Le quattordici vite di Anis Amri: così evitava controlli e intascava soldi

Ricostruita la rete del terrorista e i contatti con i salafiti di Abu Walaa

Anis Amri ha investito con un tir e ucciso 12 persone a Berlino

Anis Amri ha investito con un tir e ucciso 12 persone a Berlino

Milano, 6 gennaio 2017 -  Nei 18 mesi in cui ha abitato in Germania, Anis Amri ha utilizzato 14 identità diverse. Nomi, età, passaporti, tutto falso. Gli alias, con tanto di documenti e storie fasulle da raccontare alle autorità tedesche, gli servivano per sfuggire ai controlli e ottenere sussidi da diversi Land. Il particolare, come ha raccontato il direttore del reparto investigativo della Renania Settentrionale-Westfalia, Dieter Schürmann, è emerso nel corso delle indagini per ricostruire la vita Oltralpe del 24enne tunisino. Amri fa la sua comparsa per la prima volta in Germania nel luglio 2015. I quattro anni precedenti li ha trascorsi in Italia, dove la polizia lo registra per la prima volta nel febbraio del 2011.

È arrivato in Sicilia con un barcone partito dall’altra parte del Mediterraneo. Dice di non avere ancora compiuto 18 anni, anche se non è vero. Vuole solo sfruttare le pieghe della legge italiana, molto indulgente con i minori. Pochi mesi dopo, a ottobre, viene condannato a 4 anni per appropriazione indebita, minacce e lesioni e sconta tutta la pena nel carcere di Catania. Quando esce, nel maggio del 2015, le autorità italiane provano a espellerlo, ma la Tunisia non collabora. Così il futuro attentatore di Berlino viene solo registrato nella banca dati Sis, il Sistema di informazione Schengen. Ricompare poco dopo in Germania poco tempo dopo. Anche qui fa domanda di asilo politico: sa già che la bocceranno, ma è un’altra furbata per prendere tempo. Intanto si muove come una trottola. Si registra in un centro per richiedenti asilo a Emmerich sul Reno, al confine con l’Olanda. A agosto lo fermano a Friedrichshafen, sul lago di Costanza, vicino alla Svizzera, dove mostra un falso passaporto italiano. Dichiarare una falsa identità gli permette di confondere le acque e di salvarsi ancora dall’espulsione, anche perché le autorità tunisine non collaborano tempestivamente. Per mesi, infatti, Tunisi rifiuta di riconoscere Amri come proprio cittadino e le carte necessarie arrivano in Renania Settentrionale-Westfalia soltanto due giorni dopo l’attentato di Berlino.

Nel frattempo, i servizi segreti segnalano Amri e la polizia di Berlino lo tiene sotto controllo da dicembre 2015 a maggio 2016, ma inutilmente. Non ci sono abbastanza prove per portarlo di fronte alla giustizia tedesca e dimostrare che rappresenta un rischio. Intanto il 24enne entra in contatto con i salafiti. Si abbevera delle parole di un imam fondamentalista, l’iracheno Abu Walaa, 32 anni, detto anche «il predicatore senza volto» perché nei suoi violentissimi videosermoni contro gli infedeli, diffusi su internet e tramite una sua app personale, si faceva riprendere sempre di spalle. Abu Walaa, in carcere dal novembre scorso, è considerato il principale reclutatore dell’Isis in Germania. Predicava tra l’altro in una moschea di Hildesheim, vicino da Hannover, che da anni è sotto osservazione e per gli investigatori era l’«hotspot» dei salafiti in terra tedesca. Quando la polizia arresta il suo imam, Amri entra definitivamente in clandestinità. Il suo cellulare scompare dai radar della polizia. Ora sappiamo perché. 

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