Andrea Pinketts: "Archistar, giù le mani dalla mia Manhattan"

L'infanzia a Porta Venezia, l'adolescenza al Giambellino, Milano è in tutti i suoi romanzi

Andrea G. Pinketts, giornalista e scrittore noir

Andrea G. Pinketts, giornalista e scrittore noir

Milano, 25 giugno 2017 - «Woody Allen ha Manhattan? Io ho Milano, è la mia New York». Andrea G. Pinketts, narratore e giornalista, ha ambientato in città tutte le sue pagine noir. Unica eccezione? “Sangue di yogurt”, fresca di stampa con Lastaria Edizioni. Ma proprio nel libro in cui manca pure «Cubano Milanino», Milano è ovunque.

Dove nasce “Sangue di Yogurt“?

«In quella che, tradotta, è l’estensione ideale del marciapiedi, Le Trottoir, nel cuore della Darsena. Ero con Alexia Solazzo e stavo parlando dei miei fantasmi. Volevo un quadro per la mia copertina, avrei scelto fra uno suo e uno di Magritte. Ma Magritte è troppo inflazionato. Con Alexia a settembre presenteremo una mostra, “Face Your Phantoms”, che il prossimo anno diventerà un libro. Il ritratto che mi ha fatto è di impatto violento, forte, c’è il sangue, c’è lo yogurt in scadenza, il tempo che passa, ci sono le penne».

Il suo Lazzaro è diventato Lazarus. Beauville è comunque Milano?

«Volevo un non luogo e un non tempo. Se Lazzaro è il mio alter-ego, Lazarus è allo specchio deformante da luna park. Perché, come canta Jannacci, “L’importante è esagerare”. Beauville è la Milano istituzionale, ma anche delle periferie, è la Palazzo Marino della situazione, ma anche Paolo Sarpi. Il libro nasce dalla contaminazione di quattro storie pulp che alla fine diventano un tutt’uno, come il Quartetto Cedra, c’è il bello, il pelato, quello con gli occhiali e la cantante, per raccontare la ribellione degli emarginati orgogliosi di esserlo; è fumetto, cartone animato, cinema e pittura».

E anche giornalismo.

«Certo, sono stato anche un illustre collaboratore del Giorno, qualche giorno fa».

Qual è il caso di cronaca milanese che la colpì di più?

«Devo fare un salto indietro nel tempo e andare in una delle zone che batto di più, le Cinque vie. Io calpesto Milano col dovuto rispetto, come fosse il tappeto rosso di un festival del cinema. Il caso più clamoroso è il delitto della stretta Bagnera, la storia del Boggia, il primo serial killer milanese, che risale all’Ottocento ma che mi ha molto segnato. A Santa Marta si avverte ancora l’odore di un mostro che sa di antico, il nostro Jack lo Squartatore. Per contro lì vicino c’è il chiostro di Santa Mentana, nascosto dal traffico e dal rumore di via Torino che è un’oasi piena di bellezza, sia storica che fisica, perché è frequentato dalle ragazze bene di Milano».

Altri luoghi culto?

«Adoro le librerie e le birrerie. C’è la libreria Verso di corso di Porta Ticinese. Fanno due incontri al giorno, puoi berti una birra e farti consigliare un libro da me. Ormai faccio parte delle pareti. Per le birrerie, c’è Terzo tempo in via Washington, sotto casa mia. Terzo tempo come la pausa dopo le partite di rugby, quando la gente che si è data un sacco di botte, si abbraccia e si riunisce per una birra».

Mezzo di trasporto preferito?

«Fino a qualche tempo fa le Barrows, scarpe a punta fine anni ‘70. Adesso alterno i mocassini ad altre scarpe, ma mai con le stringhe perché non so fare nodi, li so solo sciogliere…»

La Milano che non sopporta.

«Farei sedere le archi-star sulla punta dei loro grattacieli. Un posto che detesto, su tutti, Milano City. Preferisco la Milano nascosta e segreta. A me piace raccontare il vizio nascosto e la bellezza nascosta».

La doppia anima di Pinketts.

«Io sono nato a Porta Venezia, per una serie di vicissitudini, ci siamo trasferiti in piazza Bolivar, dove iniziava il famigerato Giambellino, che per me era un meraviglioso far west. Ho avuto un’infanzia dorata e un’adolescenza di piombo. Mi sono piaciute tutte e due subito, senza l’una non avrei affrontato l’altra. E infatti sono in grado di andare cena a Buckingham Palace e di giocare a carte con Giank la bestia del Giambellino con stessa nonchalance».

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