Aggressioni con l'acido, condanna a Martina Levato ridotta a 20 anni

La Corte d'Appello di Milano ha di fatto diminuito la pena di otto anni, confermata la condanna per il presunto complice Andrea Magnani

Martina Levato e Andrea Magnani

Martina Levato e Andrea Magnani

Milano, 21 febbraio 2017 - Pena ridotta per Martina Levato, accusata di aver aggredito con l'acido alcuni ex fidanzati insieme al presunto complice Andrea Magnani. La Corte d'appello di Milano ha condannato la donna a 20 anni applicando la continuazione tra la condanna definitiva a 12 anni per l'aggressione con l'acido a Pietro Barbini e quella di primo grado a 16 anni per gli altri blitz.  La pena di 20 anni, dunque, comprende tutti gli episodi contestati alla ex bocconiana e la Corte ha ridotto il cumulo di pene complessivo che era di 28 anni. La Levato è stata giudicata colpevole per i reati di lesioni gravissime e associazione a delinquere. Il rito abbreviato ha concesso alla ex studentessa una riduzione di 10 anni della pena, che sarebbe stata invece di 30 anni. Ad Andrea Magnani, indicato come il basista di alcune aggressioni, è stata confermata la pena di 9 anni e 4 mesi, confermando il giudizio del primo grado. Confermate le provvisionali di risarcimento che Martina e il complice Andrea Magnani dovranno versare alle parti lese: un milione a testa per Savi e Barbini, 100mila euro per le rispettive famiglie, 50mila euro per Giuliano Carparelli (vero obiettivo dell'aggressione a Savi, che in un altro episodio riuscì a proteggersi con un ombrello), altri 50mila per Antonio Margarito, che subì un tentativo di evirazione da parte della Levato.

L'ex amante di Martina Levato, Alexander Boettcher, arrestato il 28 dicembre 2014 dopo l'aggressione ai danni di Barbini, si è sempre professato innocente (ha risarcito però le vittime), ma è stato condannato a 14 anni in appello per il caso Barbini (si attende la Cassazione) e a 23 anni con rito ordinario per le altre aggressioni (il 4 maggio ci sarà il processo d'appello). La Levato ha però smesso di difenderlo da tempo e anche nelle scorse udienze, davanti ai giudici della terza sezione penale della Corte d'Appello (collegio Marcelli-Nova-Galli), l'ex studentessa aveva ribadito che il broker aveva avuto una responsabilità maggiore rispetto alla sua, mentre aveva precisato di aver "esagerato" nell'attribuire tante colpe al presunto complice Magnani, il quale, in ogni caso, "era consapevole di tutti i piani, perché c'era una spartizione di ruoli»" La cosiddetta 'coppia diabolica'Levato-Boettcher, secondo le indagini, avrebbe agito come per una sorta di rito di "purificazione" andando a colpire i ragazzi con cui Martina aveva avuto relazioni, anche fugaci. Il presunto basista Magnani, assistito dai legali Guido Guella e Andrea Etteri, si è sempre difeso sostenendo di non essere mai stato consapevole dei piani della coppia.

LA REAZIONE DEI LEGALI - Soddisfatto l'avvocato Paolo Tosoni, che rappresenta Barbini: "Tutto sommato - ha detto al termine dell'udienza - 20 anni sono una pena adeguata". Contento anche Alberto Savi, padre di Stefano, una delle vittime. "Giustizia è fatta - ha detto -. Sono stati veloci, eccellente lavoro". In lacrime, invece, Martina Levato, che ha detto al suo legale, l'avvocato Alessandra Guarini: "È ingiusto che venga condannata anche per il caso Savi, io non c'entro, non sono stata io".  L'ex studentessa bocconiana, infatti, ha sempre negato di aver partecipato al blitz contro Stefano Savi, che venne sfigurato il 2 novembre del 2014 per uno scambio di persona (il vero obiettivo era Giuliano Carparelli che qualche giorno dopo subì un tentativo di aggressione), mentre da tempo ormai ha ammesso le sue responsabilità sugli altri episodi (il blitz contro Pietro Barbini, quello tentato a Carparelli e il tentativo di evirazione a Antonio Margarito) indicando come "regista" dei blitz l'ex amante Alexander Boettcher. "Ha accolto serenamente la condanna sugli altri fatti, non sul capo di imputazione Savi", ha spiegato il legale. E ha aggiunto: "Per l'episodio che riguarda Stefano Savi e per l'associazione a delinquere ricorreremo in Cassazione". 

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