Milano, 23 giugno 2014 - Sembrava che questo giorno non dovesse arrivare mai. Il superamento delle Province è infatti questione che ha scandito, invano, tutte le stagioni della Repubblica, a partire dai suoi primi vagiti: i primi ad occuparsene furono addirittura i padri costituenti. Sì, proprio quanti presero posto in quell’assemblea che mise a punto la legge fondamentale del nostro ordinamento: quella Costituzione entrata in vigore il primo gennaio del 1948. Poi se ne riparlò nel 1970, quando furono istituite le Regioni. Di vent’anni in vent’anni, la fine delle Province sembrò destinata a consumarsi a giugno del 1990, quando passò la legge sulle Città Metropolitane, gli enti che avrebbero dovuto sostituirle e che ora le sostituiranno davvero.

Già, perché, approvato ad aprile il decreto Delrio, quel giorno adesso è arrivato, o quasi. Alle 15 di oggi, infatti, il Consiglio provinciale di Milano si riunirà per l’ultima volta. Alla mezzanotte di oggi, l’aula decadrà.Iniziata nel 1860, la storia delle Province arriva al capolinea dopo 154 anni. Prima che la Città metropolitana diventi realtà occorrerà, a dirla tutta, attendere fino al 31 dicembre 2014, quando avverrà il passaggio di testimone. Fino ad allora vecchio e nuovo ente convivranno, fase transitoria. Ma di sedute di Consiglio non ce ne saranno più. Le funzioni dell’aula passano ora al numero uno di Palazzo Isimbardi, il presidente Guido Podestà, che potrà approvare atti di amministrazione ordinaria oppure atti dettati da particolare urgenza: formulazione vaga quanto generosa, quella contenuta nel decreto Delrio, per dire che Podestà, in quanto coincidente con l’aula, potrà far tutto.

Non oggi, però: «Sarà una seduta di saluto e commiato, non accadrà nulla di rilevante» assicura infatti Bruno Dapei, presidente dell’aula di Palazzo Isimbardi. Oltre a Podestà resterà in carica tutta la Giunta, ovvero tutti gli assessori. Sempre fino al 31 dicembre 2014 a meno che qualcuno non voglia salutare prima. E tra questi potrebbe esserci proprio Podestà. Amaro il commiato di Roberto Caputo (Pd), il consigliere provinciale di più lungo corso tra quelli in carica ancora per 24 ore. «Ho seduto ai banchi di Palazzo Isimbardi negli ultimi 15 anni, con la Giunta Colli, Penati e, infine, Podestà. Tre presidenti e tre legislature molto diverse tra loro — ricorda Caputo — che però hanno visto in comune il mio impegno perché il Consiglio fosse un organo con una dignità importante e che facesse da contrappeso alla Giunta. A Milano il primo convegno sulla Città metropolitana lo organizzai io nel 2000. Quello a cui si pensava era una concezione di area vasta con connotazioni di alto profilo, cosa ben diversa da ciò che oggi la legge esprime. Ora questa scatola vuota deve essere riempita di contenuti».

Avrebbe potuto avere miglior morte, la Provincia di Milano. Prima di cadere vittima dell’indifferenza generale, è infatti caduta vittima degli scandali giudiziari. Così è andata negli ultimi 15 anni. Inchieste diverse con un minimo comune denominatore: la società autostradale Milano-Serravalle. Prima finirono nel mirino dei magistratiOmbretta Colli, presidente forzista della Provincia dal ’99 al 2004, e il suo assessore Luigi Cocchiaro. L’affaire Serravalle tornò poi a far capolino nell’inchiesta contro il successore della Colli, Filippo Penati, di confessione diessina prima dell’avvento del Pd. Infine, sotto la Giunta Podestà, il caso Afol. Sì, ci sono modi migliori per accomiatarsi.