Milano, 15 giugno 2014 -Addio (semi)libertà per colpa di due paia di mutande non pagate. Torna in carcere Renato Vallanzasca, 64 anni, una carriera di bandito con vari omicidi e quattro ergastoli sulle spalle, il record di quasi quarant’anni passati dietro le sbarre e un presente di vita quasi normale, di giorno fuori al lavoro in serra per una cooperativa e di sera dentro solo per dormire. Tutto finito per un banalissimo furto al supermercato, concluso con l’arresto davanti a vigilanti che potrebbero essere suoi figli e nemmeno sapevano chi è stato nella storia del crimine “il bel René” della Comasina.

Così finiscono a volte i geni del male, la cui vicenda ha ispirato romanzi, biografie, perfino pellicole cinematografiche. Finiscono a volte così, come Vallanzasca da sempre irriverente e guascone, che stavolta dopo l’udienza in tribunale attraversa a passi veloci e in manette, attorniato dalle guardie, il piano terra di Palazzo di giustizia per tornarsene mestamente in carcere a Bollate stavolta chissà per quanto, senza la voglia di dire una parola e di alzare lo sguardo sui giornalisti, pubblico da lui mai ignorato ai tempi delle imprese sanguinose e anche dopo.

Tutto per il furto di due boxer, una cesoia, un sacchetto di terra concimata che erano nella sua borsa e sono spuntati fuori ad un controllo alla cassa. Non furto in realtà ma “rapina impropria”, ha sancito il giudice delle direttissime, perché a verbale risulta che a chi l’aveva scoperto Vallanzasca avrebbe detto: «Se non stai zitto vedi cosa succede», per l’accusa del pm Angelo Renna una specie di minaccia. Tant’è, poco sarebbe cambiato vista l’automatica conseguenza dell’arresto: la revoca temporanea - ad opera del magistrato di sorveglianza - del beneficio della semilibertà e del permesso premio che avrebbe consentito all’ex bandito di trascorrere a casa questo fine settimana.

In aula, davanti al giudice Ilaria Simi de Burgis, Vallanzasca si è avvalso della facoltà di non rispondere e si è limitato ad escludere di aver mai minacciato qualcuno. «Meno male che non doveva succedere niente», ha giurato solo di aver detto all’arrivo dei carabinieri, visto che prima il vigilante lo aveva tranquillizzato con un «vedrà, non succede niente». «Comunque non ha ammesso alcun furto», dice sibillina l’avvocata Laura Figini che l’ha assistito in aula. Il processo, a fine mese, forse chiarirà come sono andate le cose. Prima dell’udienza, chiuso nella gabbia in jeans e camicia azzurrina, Vallanzasca spiegava che in realtà aveva dato da tenere quella borsa pochi minuti prima a un tizio incrociato al supermercato che l’aveva riconosciuto e si era offerto di aiutarlo. L’avrebbe perso di vista pochi minuti e quando quello gli aveva restituito la borsa era spuntata la sorpresa. Una specie di trappola. Gli crederanno?