Milano, 31 maggio 2014 - Podestà, slitta la sentenza. Il processo al presidente della provincia Guido Podestà sulle presunte firme false per il “listino” di Formigoni alle elezioni regionali del 2010, è stato sospeso. Il giudice Monica Amicone ha preso atto dell’istanza della difesa di trasferire “per legittimo sospetto” il procedimento a Brescia - a causa dello scontro tra il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo - e ha preferito così attendere la pronuncia della Suprema Corte.

Nei giorni scorsi gli avvocati Gaetano Pecorella e Paolo Veneziani, che difendono Podestà (imputato con altri quattro consiglieri provinciali) hanno depositato in Cassazione un ricorso per chiedere lo spostamento del processo da Milano per via della “evidente gravità”, non altrimenti eliminabile, della situazione locale, idonea a turbare lo svolgimento” in quanto, hanno ricordato i legali, il procedimento nel quale Podestà è accusato di falso ideologico, è uno dei “casus belli” al centro dello scontro tra Bruti Liberati e Robledo.

Scontro da cui sarebbe derivata, secondo la difesa, una “anomala e irrituale duplicazione” del procedimento stesso: quello iscritto per primo all’epoca e poi archiviato, che era assegnato a Bruti, e quello aperto da Robledo (che ha portato al processo in corso) mentre pendeva la decisione del gip sulla richiesta di archiviazione per l’altro fascicolo.

Il giudice Amicone a quel punto ha sospeso il processo che era giunto alla fase della requisitoria, in attesa della decisione della Suprema Corte che dovrà fissare l’udienza per discutere l’istanza di remissione.

L’inchiesta sulle firme false è tra quelle al centro dello scontro tra Bruti e Robledo, su cui dovrà cominciare ad esprimersi il Csm già dai prossimi giorni, anche perché il procuratore ha accusato l’aggiunto di non averlo avvisato con tempestività dell’iscrizione nel registro degli indagati di Podestà, mentre Robledo sostiene di avere subito informato il suo capo dell’interrogatorio della teste Clotilde Strada, che aveva fornito elementi d’accusa contro il politico.

«Uno scontro che in soli due mesi - scrivono i legali - ha travalicato il limite del confronto tra i due coinvolgendo, oltre all’ufficio del pm, le correnti esistenti in seno alla magistratura e determinando all’interno della sede giudiziaria milanese una situazione così grave da turbare lo svolgimento del processo a carico di Podestà».

L’accusa per l’attuale presidente della Provincia di Milano è quella di falso ideologico. Le firme, stando alle indagini, sono state riconosciute come fasulle dalle persone il cui nome risultava posto a sostegno della lista, ma che hanno spiegato agli inquirenti di non avere in realtà mai firmato. L’indagine era stata chiusa un anno fa, dopo che era emerso il coinvolgimento di Podestà. L’ipotesi accusatoria è che molte delle firme siano state falsificate, precisamente 608 per le elezioni regionali, per cui era candidato alla poltrona di governatore Roberto Formigoni, e 308 per le provinciali, per cui era candidato proprio Podestà.