Milano, 29 maggio 2014 - Nel 2013,  il direttore di un’unità operativa del Fatebenefratelli avrebbe saltato sistematicamente ore e a volte intere giornate di lavoro, timbrando il cartellino di presenza per poi allontanarsi dall’ospedale, oppure facendoselo timbrare da una collega dello stesso reparto, o autocertificando in sostituzione della timbratura di ingresso e di uscita che si trovava al lavoro, malgrado non fosse vero. E per stare a casa 145 giorni in un solo anno, ha ricevuto ingiustamente dall’azienda ospedaliera oltre 30mila euro di stipendio.

Ora però per il primario assenteista è arrivata la resa dei conti con la giustizia. All’esito di un’indagine congiunta dei carabinieri del nucleo investigativo e della squadra mobile, è stato accusato di truffa ai danni dell’azienda ospedaliera in concorso con la collega che lo copriva e il pubblico ministero Paolo Filippini ha notificato ai due indagati l’avviso di conclusione dell’inchiesta che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio.  

Nel capo di imputazione si legge che "con pù azioni esecutive del medesimo disegno criminoso", in concorso con un "medico dello stesso reparto", il primario ha conseguito "senza aver svolto attività lavorativa, l'ingiusto profitto di euro 30.327,75, relativamente al periodo gennaio-dicembre 2013, con pari danno per l'amministrazione pubblica, azienda ospedaliera Fatebenefratelli, di cui è dipendente", il tutto "mediante artifizi e raggiri". In particolare, per 63 volte elencate nel dettaglio negli atti di indagine, tra l'11 gennaio e il 16 dicembre 2013 il medico si è fatto timbrare dalla collega "la scheda magnetica che ne attestava la presenza, nonostante non fosse presente sul posto di lavoro".  Per altre 66 tra il 4 gennaio e il 10 ottobre dello stesso anno ha autocertificato, "in sostituzione della timbratura d'ingresso o di uscita dal luogo di lavoro, la sua presenza presso la struttura ospedaliera contrariamente al vero". E per altre 16 dal 12 febbraio al 16 dicembre sempre 2013 ha attestato "tramite timbratura, contrariamente al vero, di essere presente presso la struttura ospedaliera", quando in realtà "non risulta che la persona sia giunta al Fatebenefratelli".

Il fascicolo appena chiuso da Filippini è uno di quelli finiti agli atti del procedimento davanti al Csm sullo scontro tra il procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati e il procuratore aggiunto Alfredo Robledo per l'apparente duplicazione della stessa inchiesta tra polizia e carabinieri come però spesso avviene quando una notizia di reato viene segnalata con un esposto anonimo a differenti forze dell'ordine e a differenti dipartimenti della procura, in questo caso quello dei reati contro la pubblica amministrazione guidato da Robledo e la sezione definizione affari semplici guidata da Riccardo Targetti. Una volta scoperta la doppia indagine, squadra mobile e nucleo investigativo hanno lavorato insieme, con il coordinamento di Filippini.