Milano, 24 maggio 2014 - Neanche il tempo di risolvere un problema che alla Scala ne spunta subito un altro. E ancora una volta ci va di mezzo il futuro sovrintendente Alexander Pereira, appena riconfermato dal Cda fino alla fine dell’Expo dopo la querelle sugli spettacoli acquistati dal Festival di Salisburgo. Due giorni fa, il Consiglio dei Ministri ha varato il decreto-legge Franceschini (immediatamente in vigore) che modifica la riforma Bray: oltre a legiferare su Pompei, Reggia di Caserta e teatri in crisi, il provvedimento fissa pure un tetto «al trattamento economico dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo», nonché «dei dipendenti, consulenti e collaboratori».

In pratica, come già accaduto per i manager delle grandi partecipate di Stato, il valore degli emolumenti corrisposti ai massimi dirigenti delle fondazioni lirico-sinfoniche, «incluso ogni trattamento economico accessorio», non potrà «superare il limite retributivo riferito al primo presidente della Corte di Cassazione». Che, stabiliscono gli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 201 del 2011, incassa 240mila euro annui «al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali».

Attualmente in via Filodrammatici sono in due a sforare il salary cap, per dirla all’americana, imposto dal Governo Renzi. Fatto salvo Stéphane Lissner (507.076,22 euro più bonus), che a settembre volerà a Parigi per assumere l’incarico di patron dell’Opéra, la norma appena introdotta impone una riduzione dello stipendio del direttore generale Maria Di Freda, che guadagna 270.539,60 euro (cifra pubblicata sul sito ufficiale www.teatroallascala.org).

Vale a dire 30mila euro in più dei 240mila stabiliti da Roma. A tal proposito, sul blog della Cgil Scala gira un ironico indovinello: «Chi è l’intruso tra i redditi dei più potenti del mondo?», si chiedono gli autori del post, affiancando il nome del dg a quelli di Barack Obama (298.507 euro), Angela Merkel (290mila euro) e François Hollande (178.920 euro). Scherzi a parte, dal primo ottobre 2014 ce ne sarà un altro nell’elenco, cioè Alexander Pereira, che al momento prende 50mila euro da consulente tecnico: secondo indiscrezioni non confermate né smentite dal diretto interessato, il suo cachet dovrebbe aggirarsi attorno ai 400-450mila euro lordi l’anno.

Ciò significa che l’accordo economico è tutto da ridefinire: facendo due calcoli, l’austriaco dovrà rinunciare a circa 150-200mila euro per rientrare nei parametri imposti dall’esecutivo. Con ogni probabilità, l’argomento verrà messo all’ordine del giorno già nella prossima riunione del Cda, che dovrebbe tenersi nella seconda settimana di giugno.

Domani alle 18, invece, andrà in scena l’atteso incontro tra il sindaco-presidente Giuliano Pisapia e i rappresentanti dei lavoratori: i delegati chiederanno chiarimenti sulla decisione di tenere Pereira solo per preparare la stagione-monstre in programma nei sei mesi dell’Esposizione universale. Con tante domande in sospeso: chi si occuperà di allestire i prossimi cartelloni? L’austriaco ha possibilità di restare? Chailly seguirà Pereira? «Ci aspettiamo risposte», ribadisce Domenico Dentoni, segretario territoriale Uilcom.