Milano, 30 aprile 2014 - Non l’hanno ancora scaricato. O almeno non tutti. Il motivo? In molti pensano che sia tardi per cambiare cavallo, a poco più di un anno dall’inizio dei sei mesi di Expo: «Ogni giorno che passa è un punto a favore di Pereira», si ragiona dalle parti di via Filodrammatici. D’altro canto, l’annuncio dello slittamento della presentazione del cartellone 2014-2015, causa modifiche sub judice, ha ulteriormente agitato un Piermarini già abbastanza sollecitato dalle ultime fibrillazioni: «Siamo in ritardo». Conseguenza: tecnici e artisti stigmatizzano l’attendismo del Cda, che due giorni fa ha disposto una verifica supplementare sul presunto acquisto (senza potere di firma) di almeno sei allestimenti dal Festival di Salisburgo che lo stesso austriaco dirigerà fino all’estate. «I fatti sono chiari, cosa stanno aspettando?».

Umori. Voci. Riflessioni. Dalla pancia di un teatro sempre più disorientato dall’affaire che rischia di far saltare la nomina del sovrintendente. Oggi pomeriggio i sindacati daranno il via a una serie di assemblee informative: si parlerà soprattutto dei cambiamenti normativi introdotti dalla riforma Bray sul tema della malattia, ma sarà inevitabile un accenno alla querelle Pereira. I delegati stanno alla finestra. Attendono la scelta del ministro Dario Franceschini, cui spetta per legge l’ultima parola sulla designazione dei massimi dirigenti delle fondazioni. Con un’avvertenza: occhio a non farsi strumentalizzare. Chi conosce bene i corridoi della Scala (e pure quelli dei palazzi romani) non ha potuto non notare «alcune stranezze», per usare un eufemismo. A cominciare «dall’insolita solerzia» dei dirigenti del Mibact, che in passato «hanno sorvolato su problemi decisamente più gravi di altri enti lirici».

Quindi, gli interrogativi: «Perché si sono svegliati proprio adesso? Non è che il posto al Piermarini fa gola ai soliti noti?». Domande a cui in tanti, pure tra i professori d’orchestra, alla fine rispondono: «Forse è meglio tenerci Pereira, potrebbe essere il meno peggio...». Certo, ribattono gli scettici, «lui ha fornito un assist a porta vuota ai detrattori...». Difficile dar loro torto. Su un aspetto, però, la maggioranza si ricompatta: «Si sta combattendo una guerra di potere, ma la cosa grave è che le due fazioni non hanno a cuore l’interesse del teatro».

In mezzo ci sta il sindaco-presidente Giuliano Pisapia, che sta tentando di sbrogliare la matassa con la massima cautela: «Meglio pensare un attimo in più e prendere la decisione giusta», ha chiarito. Alcuni appoggiano il suo operato, anche perché, sorridono, «Pereira l’ha voluto Ermolli (vicepresidente della Scala, ndr), come lo voleva nel 2005 prima di prendere Lissner». Altri, invece, lo citano in prima persona. E ricordano quella frase (mal digerita in teatro) pronunciata nel giorno del lutto cittadino per la scomparsa di Claudio Abbado: «Il Cda ha scelto quella che era la persona da lui indicata a me». Cioè Alexander Pereira. Come dire: «Non può tirarsi fuori».

nicola.palma@ilgiorno.net