Milano, 20 aprile 2014 - Pasqua nel “vero giorno di Dio” l’inno di Sant’Ambrogio. Oggi, alle 11, in Duomo, l’arcivescovo di Milano Angelo Scola presiede il Solenne Pontificale e fra i testi liturgici spicca il prefazio, un testo fra i più antichi di tutto il patrimonio liturgico ambrosiano, esclusivo della tradizione milanese. Ma c’è anche un testo di sant’Ambrogio che merita di essere citato: è l’inno da lui composto per il giorno di Pasqua, che inizia con le parole “Hic est dies verus Dei”, ovvero “Questo è il vero giorno di Dio”. «Un giorno in cui - ha spiegato il cardinale durante l’omelia della Veglia di Resurrezione, ieri sera in Duomo – il mondo intero può contemplare il miracolo della perenne novità, cioè del nuovo inzio, che il Risorto ha introdotto nel mondo». E ancora: «Ogni inizio è segnato da momenti di grazia ma è anche un passaggio che chiede di lasciare qualcosa, di cambiare vita. Così è nel cristiano».

Lo si può vedere, ad esempio, nella scelta dei 146 catecumeni di varie nazionalità che hanno ricevuto il Battesimo durante la Santa Veglia. Tredici sono stati battezzati dall’arcivescovo di Milano in Cattedrale. Nel Battesimo essi, come insegna la Chiesa, muoiono all’uomo vecchio per rinascere a vita nuova. I loro volti radiosi rappresentano la continua capacità della comunità cristiana di rinnovarsi. La notte di Pasqua, infatti, è la notte in cui la “morte è vinta”, la notte che ha segnato il passaggio a una nuova fase per l’umanità, la notte in cui ancora oggi molte persone trovano una nuova vita nel Risorto, perché il Battesimo non è solo un rito, ma una vita che si instaura nella persona che lo riceve.

E non solo. Sono una ricchezza per tutta la Chiesa: ricordano il dono che tutti hanno ricevuto da Dio e aiutano a far sentire viva la dimensione comunitaria della fede, una grande famiglia con un unico Padre. Scola poi sottolinea l’importanza di obbedienza alla fede: «Solo lasciando che Dio operi, l’uomo può sempre sperimentare una novità di vita». Ed è quello che hanno fatto i catecumeni giunti al culmine del loro cammino di introduzione alla fede, a cui sono approdati dopo avere incontrato dei cristiani. Semplicemente, si direbbe; ma nulla sarebbe cambiato nella loro esistenza se la grazia di Dio non fosse stata all’opera. «E questa nuova vita - conclude il cardinale - diventa il luogo di verifica per vederLo risorto. I credenti riconoscono la Sua presenza là dove sono chiamati ad essere ed operare. Il quotidiano è la nostra Galilea».